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CRISTINA DONÀ Alla ricerca della dimensione più umana e semplificata dell’esistenza

«Per molte giovani cantautrici sono un esempio? Fa piacere, ma credo sia più utile rappresentare se stessi respingendo i paragoni ingombranti. Io quando ho iniziato venivo spesso accostata a PJ Harvey, ma ho sempre detto di essere semplicemente Cristina Donà». E dagli esordi a oggi, Cristina Donà di strada ne ha fatta parecchia. Il suo ultimo disco – lavorato assieme a Saverio Lanza – si chiama “Così vicini”.

 

Il titolo del nuovo album è molto evocativo. A cosa ti senti “così vicina” oggi?

«A una dimensione più umana e semplificata dell’esistenza. Io mi complico la vita di default, sono sempre portata a cercare di capire le molte spiegazioni della vita, e credo che questo aspetto mi abbia aiutato tantissimo a scrivere, però alla fine ti rendi conto che riconnetterti a quella parte animale del nostro Essere, quell’istintività che tutti conserviamo, ci può comunque migliorare».

Voglia di cose semplici, dunque?

«Direi più che altro, voglia di vita vera e magari una quotidianità con un po’ meno cellulare: ormai siamo ossessionati, io per prima, dall’idea di averlo sempre a portata di mano».

Tu hai mosso i primi passi negli Anni Novanta. Non c’erano né Internet né i Talent. Oggi è più facile affermarsi per un esordiente sfruttando i nuovi strumenti?

«Purtroppo è più difficile perché i canali si sono drammaticamente ristretti e Internet è un’illusione: farsi notare nel mondo del web è un’operazione ciclopica perché le proposte musicali si sono moltiplicate notevolmente. Inoltre la tv offre sempre meno a chi coltiva una… biodiversità musicale che non si ritrova nelle mode del momento. Insomma, è un momento duro».

Mi è capitato di guardare in passato “Amici” e di recente qualche puntata di “X-Factor”: i pareri musicali di Morgan li ascolto sempre molto volentieri

Neppure i Talent aiutano?

«Non lo faccio per snobismo, ma la tv la vedo poco perché spesso mi manca il tempo, però mi è capitato di guardare in passato “Amici” e di recente qualche puntata di “X-Factor”: i pareri musicali di Morgan li ascolto sempre molto volentieri».

Anche lui si è affermato nel tuo stesso periodo. Lo trovi diverso, oggi, che è diventato un personaggio da piccolo schermo?

«No, Morgan è sempre stato così, è sempre stato un personaggio difficile da seguire nei pensieri, ma la mia stima artistica nei suoi confronti resta forte. “Acidi e Basi” e “Metallo non metallo” dei Bluvertigo sono ancora nel mio cuore, e anche il suo “Canzoni dell’appartamento” l’ho apprezzato parecchio all’epoca. E’ un personaggio – sorride – da prendere a piccole dosi».

Col nuovo disco hai scelto l’autoproduzione dopo aver vissuto esperienze sia con un’etichetta indipendente, sia con una major. Qual è stato il percorso che ti ha portato alla scelta attuale?

«Gli anni con la Mescal sono stati anni belli, era un piccolo porto sicuro, poi quando hanno venduto il catalogo alla Emi ho avuto molto timore, non sapevo cosa sarebbe potuto succedere alla mia musica».

Eppure la Emi chiese espressamente tre nomi alla Mescal: il tuo, i Perturbazione e gli Afterhours…

«Sì, e fu una bella iniezione di fiducia, però la paura c’era».

Si è tramutata in cosa, poi, delusione?

«No, io alla Emi sono stata bene. Forse arrivandoci con una personalità artistica già formata, ho potuto seguire al meglio l’evolversi del mio percorso, ma nessuno mi ha mai chiesto di fare qualcosa di diverso o di fuori dalle righe. E’ stata una bella esperienza, ma oggi credo che sia meglio per me curare tutti gli aspetti della promozione e non delegarli a una struttura che, per forza di cose e per la quantità pazzesca di uscite da promuovere, non può fare un lavoro sulla lunga distanza. Però ci tengo davvero a ribadirlo, in Emi ho trovato persone capaci di parlare di musica e non solo di valori commerciali».

Ancora non ho trovato una corrente politica o un partito capaci di farmi sentire a casa, forse perché in questi anni i politici hanno badato meno al concreto e più alle promesse

Nella tua musica c’è un linguaggio intimo ma la politica non trova quasi mai asilo. Che rapporto hai con essa?

«Ancora non ho trovato una corrente politica o un partito capaci di farmi sentire a casa, forse perché in questi anni i politici hanno badato meno al concreto e più alle promesse. Dovessi però fare un nome, di recente ho potuto toccare con mano ciò che Vendola ha fatto in Puglia per la musica e il cinema e direi che i risultati sono stati importanti».

Cambiamo argomento. Tu hai un figlio di 5 anni. Questo è un buon momento per mettere al mondo figli e per allevarli?

«Non è un momento facile, perché si ha paura di ciò che rimarrà a questi poveri essere umani, però è anche stimolante la sfida dei genitori di oggi».

Quale sarebbe?

«Indicare ai giovani gli errori compiuti dalle generazioni precedenti e sperare che di certi sbagli sappiano farne tesoro per migliorare le cose».

Gli errori sono stati tanti…

«Negli Anni Settanta sembrava che il futuro del mondo sarebbe stato diverso, più luminoso, pieno di qualità e opportunità e con un maggior rispetto dei rapporti umani. Purtroppo tante attese sono state tradite. Ma sai qual è la cosa che più mi colpisce oggi?».

Quale?

«Mi è capitato di incontrare donne che non trovando giusto mettere al mondo figli in questo contesto storico, hanno scelto di privarsi della maternità pur avendo le condizioni economiche per affrontarla. Una scelta coraggiosa».

Non deleghiamo sempre agli altri il cambiamento, riappropriamoci del rapporto con la natura, perché soltanto vivendola si possono capire le sue regole e le sue necessità

Sembra che la crisi abbia azzerato ogni valore. Da dove si può ripartire?

«Il mondo non si cambia dall’oggi al domani, però si possono fare dei piccoli gesti per rendere la quotidianità migliore. Magari sprecando meno acqua e sprecando meno cibo. Io da qualche anno ho inaugurato il… “camerino etico”: nei miei tour niente bottigliette d’acqua aperte per bere un sorso e poi lasciate abbandonate nei camerini e niente cibo sprecato. Ecco, non ho l’ambizione di cambiare il mondo coi miei gesti, però se tutti facessimo lo sforzo di compiere quotidianamente piccole azioni concrete, credo che le cose cambierebbero più in fretta».

Altri consigli?

«Non deleghiamo sempre agli altri il cambiamento, riappropriamoci del rapporto con la natura, perché soltanto vivendola si possono capire le sue regole e le sue necessità».

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