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DARDUST «Migliorare, è questa la mia ossessione»

Dario Faini è Dardust, ma è anche un autore fra i più ricercati in ambito pop. Può vantare un curriculum che gli è valso da subito il sostegno di artisti quali Thegiornalisti e Levante, solo tra gli ultimi ad averlo voluto come special guest dei loro tour. L’estate di Dardust sarà ancora una volta caratterizzata da concerti, la dimensione che meglio esprime il talento di Faini.

Torni con quella che è la dimensione preferita del progetto Dardust, ovvero i live. ​Cosa ti aspetti da questo tour estivo? 

«Il live di questa estate è un perfezionamento del live che porto in giro da due anni. Ho cercato in vari step di migliorarlo, dal light design, ai visuals, passando per la scaletta che ho diviso in due parti: “Slow is” e “The new loud”. La prima con un taglio più teatrale, con il repertorio più classico, la seconda più electro, con un crescendo di luci e visuals sino al finale. Anche il vestito è stato migliorato con un costume disegnato da Silvia Personeni, diviso in due parti, bipolare come me. Da una parte da bohémien romantico del 1800, dall’altra futurista e minimale con una fascia in fibra ottica che si accende e si illumina nella seconda parte».

In una recente intervista hai detto: “…ma io penso già a Londra e al terzo disco. Vorrei aprirmi a nuovi producers e allargare la mia visione”. Quali progetti hai in concreto dopo questo tour?

«Onestamente questa è la terza estate che sono in tour. Mi piacerebbe vivere un periodo di relax totale anche se il palco so già che mi mancherebbe. Al limite ci potrebbero essere dei concerti speciali. Mi piacerebbe incontrare producers e musicisti molto lontani da me per contaminarmi un po’. Viaggiare e scoprire. Per il terzo disco andrò a Londra non so ancora cosa accadrà, ma ho già delle idee molto fighe in testa…».

Che differenza passa, oggi, fra Dario Faini autore di hit per cantanti pop e Dardust? Sono due figure complementari? C’è mai conflitto fra queste due metà di te?

«Muoversi tra l’indie e il mainstream comporta un miliardo di considerazioni, etichette da superare, attitudini diverse ed equilibri da conquistare. Mi sono sempre fatto mille paranoie su questo, sulla libertà creativa e tutto il resto fino ad affrontare questo discorso ad un TedX che è stato molto importante per me. Se poi guardo all’estero e vedo Dustin O’Halloran che oltre ad avere un progetto neoclassico ha prodotto l’ultimo di Katy Perry ogni discorso cade. Se riesci a fare entrambe le cose che male c’è? Mi pare una dote rara, non un limite».

Tu che hai dimestichezza con la materia prima, come si realizza la perfetta canzone pop?

«Deve avere carattere e in un modo o nell’altro essere coraggiosa. Anche nella semplicità, schiettezza ed immediatezza».

Hai avuto la fortuna di portare il tuo progetto anche fuori dai confini nazionali. C’è differenza fra pubblico italiano e pubblico straniero? Te lo chiedo perché spesso una critica mossa a noi italiani è quella di andare a vedere soltanto quello che già conosciamo…

«C’è sicuramente più curiosità ed apertura verso l’ignoto all’estero. Infatti il lavoro che bisogna fare in Italia è quello di essere in un modo e nell’altro sempre più presente così da diventare ad un certo punto della tua attività, familiare per tutti, fino a sbloccare le cose. Ma a me interessa fino ad un certo punto. Sono focalizzato sempre nel migliorare. E’ questa la mia ossessione».

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