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DELLERADERUBERTIS «Quando suoniamo assieme riusciamo a far emergere qualcosa di bello che la gente riconosce»

L’EP “Delleraderubertis“, a firma di Roberto Dellera (Afterhours) e Gianluca De Rubertis (Il Genio), è arrivato dopo due tour insieme, quindi più che un prodotto discografico è il coronamento di un percorso artistico iniziato con l’idea di portare in giro un live che fosse l’incontro delle due esperienze artistiche. Dellera & De Rubertis sono amici da anni ormai. Hanno vissuto vite parallele scandite da tempi e spazi che si sono più volte intersecati.

Vi conoscete da tanti anni. Cosa avete imparato l’uno dall’altro e cosa detestate dell’altro?

GDR: «Credo che quando suoniamo assieme riusciamo talvolta a far emergere un quid, una sensazione, qualcosa di bello che la gente riconosce. Immagino che possa capitare proprio perché in fondo la sensibilità che ci lega è in qualche parte la stessa. Ho imparato questo, che lì accanto c’è un amico che stimo, e questo mi sprona a migliorarmi. Ci siamo presi a cornate un paio di volte, ma le cornate si danno quando non si confrontano le proprie impressioni, e si parte per crociate disastrose. Ci siamo sempre confrontati, e ho capito che c’era ben poco da detestare».
DELLERA: «Ho imparato un sacco di cose. Gianluca è una persona di cultura e cervello fine. C’è un continuo scambio umano o semplicemente nozionistico o critico da cui trarre sempre qualcosa di nuovo. Mi sembra normale tra chiunque passi del tempo a stretto contatto. Mi sorprenderei del contrario. Così come è normale avere delle frizioni e momenti di tensione tra persone che mangiano, dormono, vivono e suonano musica assieme».

Entrambi – in modi diversi – avete visto quello che c’è oltre la scena indipendente, la vostra carriera vi ha portato all’attenzione di un pubblico più ampio. Ha ancora senso dividere la musica italiana in scena indie e mainstream, oppure è tutto mescolato ormai? Vi è piaciuto ciò che avete visto oltre il cosiddetto underground?

GDR: «Dividere l’indie dal mainstream non ha mai avuto senso. L’indie è ciò che tende al mainstream, tutti vogliono più gente ai propri concerti, tutti desiderano che la propria musica sia ascoltata da più persone possibile. Chi dice il contrario mente. Sulla qualità di ciò che piace davvero alle masse si può discutere, ma nemmeno poi tanto. Oltre l’underground, personalmente, ho visto tante cose che non mi sono piaciute, ma era la prima volta e la prima volta non puoi giocare al meglio. Si può fare bene nel mainstream, a patto di capire come sono bilanciati certi poteri».
DELLERA: «Se come dici tu indie e mainstream è tutto mescolato, l’underground dove lo mettiamo? Attenti alle definizioni, sono molto pericolose».

Entrambi avete passione per un immaginario musicale vintage che periodicamente torna di moda e che nel vostro caso sembra persino uno stile di vita, un modo di interpretare il mondo, la vita. E’ così?

GDR: «Forse Roberto in questo mi supera. E’ indubbio ch’io provenga da quanto di più vintage ci possa essere in musica, dalla musica classica. Oggi però vedo un suono per quello che mi pare che sia, un vestito, che passa o torna di moda a seconda della temperie del momento. Il nuovo disco che sto preparando è molto meno legato al passato».
DELLERA: «Una delle definizioni di vintage in inglese è: “…di alta qualità che dura nel tempo”. Sì, quella accezione mi piace, la perseguo come motivo vitale in generale, per quanto possa. Facendo considerazioni strettamente musicali, posso dire che nonostante la tecnologia per registrare Anni 40/50/60 rimane insorpassata e tutti quelli che ne hanno la possibilità la utilizzano a seconda del genere, ovviamente la commistione reale è quella stilistica e creativa legata anche all’uso delle macchine digitali e alle sue grandi possibilità. Solo altre porte da aprire, è un affaraccio tutto italiano, diciamo che nei Paesi anglosassoni si fa più una divisione tra “Old School” e “New School”. Se appartieni alla seconda sicuramente non hai più bisogno di ascoltare James Brown o i Rolling Stones o i Clash, sono considerati antichità, roba da nonni, partono da altri presupposti proprio. Se le nuove star non bevono, non fumano, frequentano solo gente del lavoro, non saltano su treni in corsa, non si buttano dalle macchine, pianificano cose intorno ad un tavolo e stanno poco con la famiglia allora sì, puoi anche darmi del vintage».

Mai come negli ultimi anni, l’EP è diventato il mezzo più usato per proporre musica. Perché?  

GDR: «Mi pare che sia più un adeguamento alla scarsa capacità di concentrazione collettiva. Un album è più lungo, richiede uno spazio ed un tempo cui non molti oggi sono disposti a piegarsi. Nel nostro caso però l’EP era una scelta ovvia perché non è stato realizzato per veicolare un progetto discografico, ma per suggellare dei felicissimi episodi sonori che si sono manifestati all’interno di un tour».
DELLERA: «Non mi risulta che l’EP sia più utilizzato degli LP, costa uguale stamparlo e lo vendi a meno e te lo recensiscono meno volentieri. Diciamo invece che son tornati più i singoli e cioè immettere sul mercato una canzone alla volta. Quello sì. Per noi era più un’urgenza di registrare dei pezzi che avevamo portato in giro».

Per Gianluca: essere in duo con un maschio è più facile rispetto a esserlo con una donna? Qual è la dimensione che pensi possa valorizzare meglio, oggi, il tuo talento: solista o in gruppo?

GDR: «Andare in giro a suonare e condividere i palchi è sempre una cosa delicata, che si sia in due o in cinque; nel mio caso, quando si trattava di essere in due con Alessandra (Contini, NDR), sono stato molto fortunato perché è una donna intelligente e divertente con cui qualsiasi uomo può trovarsi a suo agio, una compagna di viaggio piacevolissima con cui mi sono sempre molto divertito. In questo momento la dimensione da solista è quella che mi fa dire le cose più interessanti, quelle che mi premono davvero. Ma mi spiace che Il Genio sia fermo, con Il Genio abbiamo avuto e avremmo sufficiente forza per far affiorare delle singolarità, pur essendo in due».

Per Roberto: dividere il palco con Manuel Agnelli cosa ti ha insegnato in questi anni? Qual è la dimensione che pensi possa valorizzare meglio, oggi, il tuo talento: solista o in gruppo?

DELLERA: «Ho imparato molte cose ad essere un Afterhours per più di 10 anni. Cose belle e cose brutte, cose dovute e cose non dovute. Ma è la storia delle vere band di R’n’R, chi non ci è passato non può saperlo, chi ha un ricordo solo positivo o solo negativo non è stato in una band potente. Ci scriverò un libro. E’ solo il mio rapporto con la Convinzione e con la vita in tutti i suoi incastri di persone ed energie sopra, sotto, al mio fianco o contro che potrà valorizzare la mia parte artistica. Ciò vale per tutti».

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