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ERICA MOU «Non mi sento per niente emancipata dalla musica che ascolto»

Il primo singolo estratto da “Bandiera sulla Luna”, cioè “Svuoto i cassetti”, è un ottimo manifesto del nuovo disco di Erica Mou. L’album racconta la conquista di nuovi spazi interiori, descrive una generazione intera e la sua irrequietezza. E’ il primo lavoro che l’artista ha scritto distante dalla Puglia: soprattutto a Roma, ma anche in Portogallo, Francia e Cambogia.

Partiamo proprio dal singolo: sembra quasi ti rivolga alla tua famiglia e non solo a te stessa. 

erica mou bandiera luna«L’interlocutore non è assolutamente la mia famiglia. Tutte le strofe sono dei finti discorsi diretti, voci altre che faccio ironicamente mie, che interpretano un sentore comune, cioè che una donna non possa costruirsi una vita in autonomia».

L’amore è sparso un po’ ovunque lungo il disco. E spesso non è un amore felice, corrisposto, compiuto. L’album ti ha fatto da terapia per lenire alcune delusioni sentimentali?

«L’album celebra un amore diverso dai miei dischi precedenti, più paritario, più libero, meno dato per scontato, meno confondibile con il possesso e forse, per questo, travisabile. In questo disco ci sono ricerche, non certezze, nella coppia. Gli unici punti fermi sono conquiste personali».

Ti rivolgi spesso a un uomo nel disco. Nella tua testa ha una faccia e un nome, oppure sono tanti uomini oppure è uno stereotipo?

«Nella mia testa ogni elemento di questo album ha una faccia e un nome».

L’album sembra voler suggerire due strade davanti a te: quella del cantautorato classico e quella che propone all’orizzonte strutture sonore più ricercate, più rischiose, come nel caso del singolo e di altri brani del compact. Credi che questo possa alla fine risultare come un disco di passaggio?

«Questo è un disco nella sua compiutezza. Il tempo, poi, ci dirà cosa sarà stato. In ogni album ho sempre armonizzato queste due tendenze perché fanno parte di me, anche delle cose che amo ascoltare, tra la classicità e la sperimentazione».

A 27 anni hai già fatto mille cose in ambito musicale. Hai corso veloce. Da bambina o ragazza, sognavi di ritrovarti a 27 anni nel preciso punto in cui sei oggi?

«Da bambina sognavo di sposarmi a ventisei anni con un compagno di classe che si chiamava Stefano, di essere una rockstar e di possedere una gelateria».

Mi riaggancio al concetto sopra. Dopo tante esperienze in ambito musicale, pensi di esserti emancipata dagli ascolti che ti hanno formata? 

«In realtà no, non mi sento per niente emancipata dalla musica che ascolto. Anzi, quando mi è capitato di staccarmene (per un periodo non ho avuto voglia di ascoltare nulla) mi sono sentita gelida, arida. Isolarsi è la peggiore delle scelte, con la musica. Chiaramente oggi sento di avere una mia visione delle cose sempre più definita. E questa è la ricerca di ogni artista. Ma mi emoziono molto con la musica che scopro e non potrei farne a meno. Nell’ultimo anno artisti come Devendra Banhart, Lianne La Havas o This Is the Kit, sono stati, ad esempio, nuove scoperte importanti per me».

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