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HIDE VINCENT Hide Vincent

HIDE VINCENT

Se fossimo amici di Mario Perna (in arte Hide Vincent) gli consiglieremmo vivamente di esagerare, di lasciare libera la voce di fare ciò che vuole, di fregarsene persino della tecnica, perché quando è sciolto dimostra di avere un enorme potenziale. Prendete ad esempio il singolone “Blood Houses”: parte lento, ma quando poi il Nostro decide di fare sul serio e lascia che la voce si faccia emozione, allora è lì, in quel momento preciso, che la distanza coi più quotati cantautori del folk europeo si azzera. Purtroppo questa magia non capita in tutte le tracce del disco, altrimenti saremmo a gridare al miracolo.

Nel gioco del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, pesiamo e contestualizziamo gli elementi. La sensazione è che Perna abbia delle ottime carte da giocarsi, ma il debutto è sempre un disco bastardo, perché 9 volte su 10 ti obbliga a pagare dei dazi pesanti. La produzione, ad esempio, non ci sembra indirizzata a esaltare i dettagli della voce dell’artista e anche sugli arrangiamenti il lavoro è stato all’insegna del braccino corto. Insomma, se dovessimo scommettere i classici 5 euro sul futuro roseo di Hide Vincent li punteremmo senza esitazione alcuna: il suo debutto è carino, ma c’è il potenziale per fare molto, molto, molto meglio. Guai ad accontentarsi in questo caso. I pezzi migliori? Detto che “Blood Houses” è un brano bellissimo, occhio anche a “Black Poetry”, a “Only Knew That You Were Thirsty” e a “Delicate”, cover del grande Damien Rice.

Review Overview

QUALITA' - 69%

69%

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