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PLAN DE FUGA «Siamo una band trasversale che non segue tendenze e mode»

Con Filippo De Paoli (voce e chitarra del gruppo) siamo andati alla scoperta della Fase2 dei Plan de Fuga. Il loro nuovo lavoro – un EP di 6 brani – uscirà il 2 dicembre per Carosello. Intanto il disco è stato anticipato dal singolo “Distruggi Tutto”.

Partiamo proprio da “Distruggi Tutto”. Perché avete puntato su questa canzone e non su altre?

«”Distruggi Tutto” è il pezzo perfetto per mettere in chiaro le intenzioni aggressive di questa Fase2. Essendo un pre-singolo di anticipazione ed essendo molto diverso dalla nostra abituale produzione, secondo noi era la maniera migliore per rompere il ghiaccio dopo l’attesa dell’uscita».

Ci piacciono molto melodie e arrangiamenti di “Fase Due”. Vi ponete mai il dubbio che un vostro pezzo possa essere troppo o poco orecchiabile?

«Certo, come tutti, ma nella vita ogni compositore ha le note “che si merita” e deve tentare di fare il meglio con quello che ha. Io scrivo molto e mi piace spaziare in diversi ambiti, come i nostri dischi hanno sempre tentato di dimostrare, la cosa importante è avere personalità, sia nell’essere orecchiabile che nel non esserlo».

“Fase Due” chiude un cerchio. Quali passi necessita, oggi, la vostra carriera per un definitivo salto di qualità?

«Noi siamo una band trasversale che non segue tendenze e mode, diamo contenuti profondi e spesso la musica in Italia viene vissuta solo come intrattenimento, questo lo paghiamo a caro prezzo ma per ora il nostro ruolo è questo. Il salto lo definirei di quantità (di pubblico) più che di qualità, purtroppo troppo spesso queste due cose sono inversamente proporzionali».

Talent e Sanremo sono palchi da evitare per chi come voi ha già un percorso consolidato alle spalle oppure non esistono preconcetti quando si fa musica?

«Se si può fare la propria musica senza doverla adeguare alla situazione per ragioni di mercato o censura o costume, allora tutto va bene».

Quali modelli avete in Italia e all’estero dal punto di vista musicale?

«Centinaia all’estero, molti molti meno in Italia, per quanto riguarda la musica contemporanea. La nostra produzione trae ispirazione da tutti i generi musicali ma troppo spesso in Italia siamo monotematici per via del poco spazio sui media e di conseguenza della poca cultura musicale delle masse».

L’EP contiene 5 brani in italiano e un ritorno all’inglese. Voi con quale lingua vi trovate più a vostro agio?

«L’inglese è una lingua adatta a determinate sonorità, ma il nostro interesse nell’utilizzo dell’italiano era per toccare concetti di un certo genere, altrimenti non lo avremmo fatto. Quindi dipende dall’intenzione che si ha alla base. L’italiano penalizza certe melodie perché ha meno sfumature sonore e richiede molte più parole per esprimere un concetto finito, ma arriva diretto al cervello e al cuore della gente e questo per me ha una grandissima importanza».

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