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ROBERTA DI MARIO «Per una donna è sempre molto complicato affermarsi»

Lo scorso 13 ottobre, su etichetta Warner Music, è uscito “Illegacy”, il nuovo progetto discografico della pianista e compositrice Roberta Di Mario. Ne abbiamo approfittato per parlare con lei di pianoforte, Francia, Oriente e anche dell’attualità.

Nel tuo nuovo lavoro (ma anche nel tuo stile), si intersecano tanti generi. A quali Paesi ti senti più legata a livello sonoro?

«Senz’altro la Francia e l’Oriente. Sono cresciuta a suon di Bach e Debussy, tutto il periodo dell’impressionismo mi appartiene ed è vicino al mio sentire. Il Giappone e le sonorità ad occhi a mandorla invece fanno parte del mio Dna, fin da bambina, quando le suonavo inconsapevolmente».

Negli ultimi decenni il pianoforte – in Italia – è passato dall’essere uno strumento classico a essere uno strumento pop, grazie anche all’affermazione di artisti come Bollani, Einaudi, Allevi. Credi abbiano davvero portato un valore aggiunto?

«Senz’altro. Ognuno a proprio modo, con il proprio progetto, condivisibile o meno, ha portato ad avvicinare il pianoforte ad un pubblico trasversale ed anche più giovane».

I tre autori appena citati sono fonte di ispirazione per te?

«Detto in tutta sincerità, non sono proprio fonte di ispirazione anche se li ascolto volentieri. Trovo più interessanti altri progetti pianistici, ma ognuno di loro ha il proprio modo di suonare e di comporre di tutto rispetto».

Hai aperto per tanti artisti di fama mondiale. C’è qualcuno che a livello umano ti ha comunicato qualcosa di speciale?

«Senz’altro il Professore, Roberto Vecchioni. La sua sensibilità, dolcezza, unita ad una grandissima professionalità e cultura, una forte centratura nel progetto artistico e nella vita sono per me di grande esempio e fonte di ispirazione».

In questi giorni lo scandalo legato ad Harvey Weinstein ha nuovamente messo sotto l’attenzione il ruolo della donna nell’arte e i compromessi (spesso al ribasso) che sono necessari per il successo. Tu hai mai subito delle proposte oscene?

«Fortunatamente non mi è mai capitato nulla di sgradevole e ancor più, di così grave».

Per una donna è più difficile affermarsi nel mondo dell’arte rispetto a un uomo? 

«Per una donna è sempre molto complicato affermarsi, soprattutto se la sua professionalità si divide con il seguire una famiglia e dei figli. Credo però che la potenza di un progetto riesca comunque a fare la differenza e vada oltre, indipendentemente dalle difficoltà, che, non neghiamolo, restano comunque tantissime».

Come si può tutelare una donna da situazioni spiacevoli?

«Avendo la convinzione di valere, impegnandosi sempre tantissimo e circondandosi di persone valide e di un team (perché anche un disco è lavoro di squadra) altamente professionale, umano ed eticamente corretto. Ed io ho il privilegio di averlo».

 

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