Must-Have

STATELESS Stateless

STATELESS

Nel 2007 vi avremmo consigliato di segnarvi ‘sto nome: Stateless. E segnatevelo anche adesso che sono un po’ spariti dalla circolazione. Segnatevelo soprattutto se ascoltate i Coldplay, se avete amato i primi Radiohead o se ogni tanto rimettete su Jeff Buckley e un po’ vi emozionate. Insomma, se amate un certo tipo di pop, quello che ti lascia addosso un filo di malinconia, questo è il disco giusto. Gli Stateless arrivano da Leeds e per loro all’inizio si è mossa addirittura la prestigiosa K7 Records di Berlino – il gruppo ha inoltre attirato le simpatie di Dj Shadow.

Il loro debutto è da ascoltare tutto d’un fiato: 10 canzoni, 47 minuti, mai un passaggio a vuoto, mai un evidente segno di debolezza, una voce, quella del cantante Chris James, che seduce e delizia anche i palati più esigenti. Un neo? Forse il suono troppo “perfettino”, troppo “pulito”, ma a dirla tutta è un neo che non inficia la validità del risultato finale. Negli arrangiamenti è facile ritrovare un po’ di Portishead, giusto quel pizzico che esalta. Arrivi in fondo e la voglia di rimettere daccapo il disco è fortissima. Al secondo ascolto pezzi come “Prism #1”, “Bloodstream” (bellissima), “The Language” e “Radiokiller” convincono senza riserve, dopo che già al primo contatto avevano lasciato tra le mani ottime sensazioni. La seconda parte del cd si assesta su livelli di rendimento medio-alti, e culmina nella splendida “Inscape”: ballatona lunga 6 minuti che chiude in attivo i conti. In conclusione: per essere un esordio, davvero niente male.

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