ElectroRecensioniSperimentazioneStraniero

TRICKY Ununiform

tricky ununiform

Partiamo con il dire che “The Only Way” è uno dei pezzi migliori mai realizzati da Tricky: bella l’atmosfera, bella la linea melodica, intenso il cantato, e sensata pure la lirica – e questo ha grande valore perché il genio di Bristol non è mai stato un fine paroliere. Ci piacerebbe parlare bene anche di “Ununiform” nel suo complesso, invece dobbiamo dire che è un lavoro che convince a fasi alterne e che in alcuni passaggi sembra incompiuto, come se Tricky certe canzoni le avesse completate forzando un po’ la mano, lasciandole in una terra di mezzo fra provini e cose buone per la stampa.

“Ununiform” è un insieme di canzoni, manca l’idea di suono; non è un disco rassicurante (e questo è un pregio), però gli manca un’identità, una cifra stilistica, un marchio. Ci guardiamo bene dal tirare fuori discorsi sul trip hop visto che Tricky lo ha abbandonato quando il genere (?) era ancora in fasce, cioè appena dopo “Pre-Millennium Tension” (il suo punto massimo), ma la verità è che anche dopo diversi ascolti fatichiamo a capire cosa voglia proporre l’artista – con questo lavoro – a vecchi e nuovi fans. Qual è il suo suono?

In scaletta 13 episodi per 38 minuti di musica. La metà dei brani è trascurabile, l’altra metà offre spunti interessanti. Scriptonite fa il suo in “Same As It Ever Was” e svolta in “Blood Of My Blood”. Molto bene Francesca Belmonte nell’enigmatica “New Stole”. Impalpabile Asia Argento in “Wait For Signal”. L’ultimo episodio è – sulla carta – il pezzo forte del menù, con Tricky che torna a collaborare con Martina Topley-Bird, musa e madre di sua figlia, ma “When We Die” è un pezzo carino, nulla di eccezionale. Purtroppo.

In conclusione: un compact che non accelera mai. Un lavoro incompiuto? Esatto.

Review Overview

QUALITA' - 59%

59%

Pulsante per tornare all'inizio