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ALMAMEGRETTA «“Lingo” è la celebrazione di una umanità senza passaporto»

In Italia, chi ha fatto propria la lezione di “Lingo”? Insomma, in quali progetti rivedi quella filosofia? 

Raiz: «Credo che i Subsonica, che arrivano una generazione dopo di noi, lo abbiano apprezzato molto e in qualche modo il disco abbia aperto la strada a cose che hanno fatto loro dopo. Dovrei chiederglielo!».
Gennaro T: «I primi nomi che mi vengono in mente sono Subsonica e Mokadelic. Credo che si tratti però più di affinità che di una vera e propria lezione tratta da quell’album».

Pensi che Liberato lo abbia ascoltato quel disco? 

Raiz: «Immagino che sia nella sua top ten ispirazionale».
Gennaro T: «Innanzitutto secondo me dietro il brand Liberato si cela non un singolo artista ma un team di creativi che ha messo a segno un progetto pensato per il web. Può darsi che qualcuno di loro l’abbia ascoltato, ma vedo più assonanze con “Sanacore” che con “Lingo”».

A te piace Liberato?

Raiz: «Alcuni pezzi più di altri, ma apprezzo molto il progetto da diversi angoli».

Anche a distanza di 20 anni “Lingo” resta un album ancora fresco dal punto di vista sonoro. Quale pensi sia il segreto per dare alla musica una forza espressiva in grado di andare oltre il semplice periodo di produzione? 

Raiz: «Le canzoni sono significative dal punto di vista della musica e dei testi e sono servite da telaio per far dipingere altre opere da altri pittori. Mi spiego: in “47” c’è in cinque minuti un concentrato di “Gomorra La Serie” e questo sia detto senza togliere nulla alla bellissima fiction, ma quando è l’autore che dice di aver ascoltato molto il pezzo ci credi (siamo ottimi amici di Saviano e c’è molta stima reciproca); in “Rootz” sono affrontate tematiche che sono tuttora molto attuali, in “En Sof” c’è il tema del contrasto tra tensione alla spiritualità ed integralismo religioso, c’è la dance che non aveva ancora trovato approdo in Italia presso nessun gruppo pop prima di noi».
Gennaro T: «Non c’è una ricetta segreta per fare un album che vada aldilà del periodo in cui è stato prodotto. La cosa fondamentale è essere se stessi, fare quello che più ti piace e vivere il presente con attenzione e consapevolezza. Ma questo ovviamente non vale solo per la musica».
Eraldo Bernocchi: «Azzardo. Forse è l’album degli Alma che ha la ratio “data di uscita/tempo reale” più spostata nel futuro? Con “Lingo” gli Alma hanno spostato l’asticella ancora una volta verso oggi. Curiosamente un paio di mesi fa me lo sono messo nel telefono per ascoltarmelo in giro per NYC, dove sarei andato a breve. Mi piace fare questi esperimenti, analizzare come la musica si fonde con l’ambiente e viceversa. Funziona benissimo ancora oggi».

Cos’ha dato Stefano D.RaD a questo album?

Raiz: «Tutto e di più come al solito. Suoi sono gran parte dei programs e del suono».
Gennaro T: «Come al solito Stefano ha dato tutto sé stesso, curando in prima persona, con metodo maniacale e attenzione ai particolari, tutto il processo produttivo dell’album, dalla pre produzione al mastering. Il sound dell’album porta indiscutibilmente la sua impronta geniale».
Eraldo Bernocchi: «Stefano e io eravamo quasi sempre in contatto, da bravi maniaci del suono, delle macchine, dei mixer, sintetizzatori, campionatori, effetti. Ci sentivamo spessissimo e scambiavano di tutto. Era un alchimista, una persona con un’incredibile energia, uno sperimentatore nato. Andavamo d’accordo anche per questo, entrambi non davamo quasi mai peso alla teoria, all’approccio accademico. Prima ci gettavamo, poi, nel caso, si sarebbe scartato ciò che non funzionava. Ci siamo sempre ripromessi di fare un duo insieme. Il resto è storia, triste. Fisicamente non c’è più ma io non ho mai cancellato il suo numero dal telefono. Per me è ancora qui».

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