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ESTRA «Oggi conta solo il mainstream, ed è un altro inquietante segno dei tempi»

Gli anni Venti” è l’album che ha segnato il ritorno in grande stile degli Estra. Per l’occasione abbiamo intervistato Giulio Casale, la voce della band, e assieme a lui abbiamo guardato dentro e fuori questa epoca così piena di contraddizioni.

A noi sono piaciute molto “Fluida Lol” e “Nessuno come noi”. C’è una canzone del disco alla quale sei più legato o che comunque ha un significato particolare per te?

estra gli anni venti«Forse la canzone che sento di più è “Ti ascolto”: per tanti versi mi pare la più “universale” del disco, capace di rappresentare sia i ragazzi sia quelli della nostra generazione. “Non hai avuto scelta – sei nato al mercato” canto a un certo punto, ed eccoci tutti lì. Amo molto anche i due pezzi che citi tu. In generale comunque, per comprendere questo nostro tempo, questi anni Venti, bisogna davvero ascoltarlo e analizzarlo, il grande disagio giovanile. Per questo il disco si apre con “Fluida Lol”, una Lola Fluida appena diciottenne, sola contro tutto e tutti, senza nemmeno il sogno di un amore, senza niente davanti, secondo lei».

Tornare dopo tanti anni che cos’è? Un privilegio? Una responsabilità? Un affacciarsi alla finestra e vedere cos’è rimasto di una scena che doveva durare e che forse non è durata abbastanza?

«Tutte queste cose insieme, certo, senza peraltro farci alcuna illusione. Privilegio è aver potuto contare su un enorme affetto da parte di un pubblico ancora fedele dopo così tanto tempo, il risultato del crowdfunding è stato piuttosto clamoroso. Responsabilità è stata poi quella di provare veramente a realizzare un grande album, lavorato a lungo, pensato e ripensato, pur in una dimensione di verità, di autenticità se vuoi, con tante riprese live in studio, tutti assieme. Chiaro poi che di quella scena italiana non c’è più: oggi conta solo il mainstream, contano i numeri, i grandi successi, ed è un altro inquietante segno dei tempi. Se non c’è alternativa non c’è neanche una vera scelta, tanto per gli artisti quanto per il pubblico».

Il disco è molto diretto. Ci verrebbe da usare la parola “cinico” in alcuni passaggi, ma forse è “realismo” il concetto che meglio sintetizza le tematiche?

«Si tratta di restituire lo spirito del tempo, e se parliamo di testi ho scelto certamente una cifra più concreta che in passato, ma evitando comunque slogan e facili proclami: è sempre la musica poi a parlare per prima, e certe nostre atmosfere mi hanno stupito per quanto siano in grado di evocarlo – lo spirito degli anni Venti. Forse siamo realistici finalmente, ma non per questo piatti, o appiattiti sulla realtà».

Tu sei un appassionato di Céline. Secondo te che cosa direbbe, oggi, di questi tempi? Si troverebbe a suo agio?

«Céline denunciava un’umanità e un individuo agonizzante 90 anni fa, figuriamoci ora – sorride -. Alcune sue visioni, non diciamo profezie, si sono del tutto inverate del resto, ed eccoci qui, tra guerre e nazionalismi assurdi, in balia di piccoli potenti uomini».

E Giulio Casale con che sguardo osserva questo mondo attorno a sé senza l’obbligo della forma-canzone o il piano rialzato di un palco? Insomma, che umanità vedi nella tua quotidianità?

«Purtroppo lo scenario è piuttosto sconfortante. Una canzone del disco porta proprio questa domanda nel titolo: “Che n’è degli umani?”. In generale del soggetto odierno rimane poco più di un ego sconfinato, già incline al brutale, con pochissima propensione a solidarietà, fratellanza e inclusione. Manca un’idea di bene comune, di convivenza pacifica tra diversi et cetera. Potrei continuare. Per fortuna esistono eccezioni, individuali e di gruppo».

Il crowdfunding è andato bene, il disco è di qualità e anche le recensioni mi paiono in generale molto positive. Gli Estra finiranno di nuovo nel cassetto per tanto tempo?

«Vedremo. Le difficoltà sono grandi, ci auto gestiamo in tutto, per continuare avremo bisogno di ricevere tanta energia. Chissà. Al momento però ci siamo, e molto ringraziamo».

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