HOLLAND Mimi Cave
Nel panorama cinematografico contemporaneo, “Holland” si presenta come un thriller dalle ambizioni alte, ma dal risultato finale meno brillante di quanto potrebbe essere. Diretto da Mimi Cave e con la fotografia curata da Pawel Pogorzelski, il film si ispira ai classici del genere, evocando atmosfere hitchcockiane senza però mai riuscire a raggiungerne la tensione o l’efficacia narrativa.
I due protagonisti, Nicole Kidman e Matthew Macfadyen, offrono una prova attoriale complessa e, per certi versi, difficile da decifrare. La Kidman, in particolare, sembra spingersi oltre i limiti del suo personaggio, forzandolo fino al punto di renderlo, a tratti, caricaturale. Alcune scene risultano eccessivamente enfatizzate, togliendo credibilità alle dinamiche emotive della storia. Anche il suo co-protagonista non è esente da questo difetto: il suo personaggio si muove tra il dramma e il mistero, ma spesso il risultato è più artificioso che coinvolgente.
Se il soggetto del film è interessante, la narrazione lascia invece a desiderare. La sceneggiatura si perde in una struttura che fatica a mantenere il ritmo, allungando inutilmente alcune sezioni della vicenda, soprattutto nella parte centrale. L’impressione è che si sia voluto giocare con l’imperfezione della storia, rendendola volutamente frammentata, ma il risultato è una narrazione poco fluida e appesantita da momenti ridondanti. Uno dei punti deboli più evidenti è Gael García Bernal, che interpreta un personaggio potenzialmente affascinante, ma che finisce per risultare piatto e privo di quella profondità che il ruolo richiederebbe. La sua performance non aggiunge nulla di significativo al film.
La trama. Holland, Michigan. Nancy Vandergroot è una donna sposata con Fred e con un figlio preadolescente, Harry. Quando la donna comincia a sospettare che il marito la tradisca si fa aiutare dal suo amico Dave, scoprendo la vita segreta ed oscura dell’uomo al quale è legata.
L’omaggio al cinema di Hitchcock è percepibile, ma più come una sfumatura che come un elemento strutturale. Ci sono momenti in cui si avverte quel gusto per il mistero e l’inquietudine tipici del maestro del brivido, ma non si va mai oltre una semplice citazione stilistica. Manca il senso di minaccia costante, la costruzione di una suspense che inchiodi davvero lo spettatore alla poltrona.
Sul piano tecnico, il film si difende bene: la regia è solida e la fotografia contribuisce a creare un’atmosfera intrigante, con un uso intelligente dei colori. Tuttavia, l’insieme non basta a sollevare un’opera che, nel complesso, si appoggia su elementi già visti e su una costruzione narrativa poco originale.
In definitiva, “Holland” è un film che parte da buone premesse ma non riesce a distinguersi nel mare dei thriller contemporanei. Il risultato è un’opera che non osa abbastanza per essere memorabile, lasciando la sensazione di aver assistito a qualcosa di già visto. Peccato, perché le potenzialità per un racconto più incisivo c’erano tutte.