Dal vivo, l’ultima volta che era passato in Italia, ovvero un paio di anni fa, non ci aveva fatto una grandissima impressione Marilyn Manson. In verità ci era apparso imbolsito e persino un po’ caricaturale. Però chi si aspettava un disco da navigato mestierante (noi eravamo far quelli, lo confessiamo), ora deve quanto meno ricredersi, perché “The Pale Emperor” è un album vero. Lasciate stare tutti i discorsi fatti da Manson sulla bontà assoluta del suo nuovo lavoro – ecco, quelli sì che sono commenti da navigato mestierante – perché in realtà non ha la forza espressiva di compact come “Antichrist Superstar” o “Mechanical Animals”, ma è comunque un prodotto di spessore.
In “The Pale Emperor” manca all’appello il fidato Twiggy Ramirez, rimpiazzato per l’occasione da Tyler Bates, apprezzato realizzatore di colonne sonore. E dobbiamo dire che la scelta si è rivelata azzeccata, perché ha allontanato Marilyn Manson da certe sonorità ruvide (e talvolta inutili) riportandolo verso il rock e spingendolo ad abbracciare il blues, che esplode nelle tre canzoni acustiche che fanno da corredo alla versione deluxe.
Analizzando nel dettaglio la scaletta, la prima cosa che colpisce è “Deep Six”: non ci spieghiamo, infatti, la scelta di eleggerlo a singolo di lancio ufficiale dell’album e (come se non bastasse) la decisione di affiancargli un video imbarazzante. Davvero una scelta insensata. “Killing Strangers” è invece una delle perle del compact: ha delle chitarre che in alcuni passaggi ricordano “The Big Come Down” dei Nine Inch Nails, anche se nell’essenza è una chiarissima canzone di Manson. “Warship My Wreck” ha un taglio cinematografico e un finale che vorresti non finisse mai. Carina “Cupid Carries a Gun”.
“The Pale Emperor” sa indubbiamente intrattenere e propone un Marilyn Manson abbastanza ispirato. Ovvio, non regge il confronto con certi lavori del passato, ma per essere il disco di una rockstar con la pancia piena, non è da disprezzare. Anzi…