
MARTI Palco sul Mare, Genova, Italia - 7 agosto 2025
La buona notizia è che i Marti sono ancora in salute. E fanno ancora ottima musica dal vivo. La cattiva, se vogliamo, è che tocca ripetercelo tra pochi intimi, dentro una nicchia onorevole ma sempre troppo stretta rispetto al valore effettivo della band. Quella di Andrea Bruschi è una storia (musicale) che smentisce il vecchio adagio del “talento che alla fine viene sempre premiato”. Perché i Marti, nonostante dischi solidi e una cifra stilistica riconoscibile, non sono mai riusciti davvero a trovare spazio nel gioco grosso della musica italiana. Eppure ci sono ancora, e la data a Villa Bombrini lo ha confermato: una band viva, con idee chiare, una voce personale e un repertorio internazionale che continua a reggere il palco con eleganza e carattere.
Il concerto di Cornigliano si è aperto con alcuni brani inediti tratti dal nuovo album, “Orchidea”, in uscita nei prossimi mesi. Canzoni in italiano, più dirette, a tratti intime. La title track ha un buon respiro, ma è quando Bruschi torna al repertorio in inglese che la serata si accende davvero. Brani storici da “Unmade Beds” e “Better Mistakes” riportano il concerto al cuore del suono Marti: melodie ben scritte, groove pieni di sfumature, testi non banali. “The Return of the Dishwasher” è tra i momenti più convincenti del set.
Il sax di Cosimo Francavilla è un elemento portante del suono: non si limita a decorare, ma dialoga e struttura l’insieme, con interventi sempre puntuali. Simone Maggi, alle tastiere, accompagna e sostiene con intelligenza. A livello visivo, colpisce il lavoro live del fumettista Andrea Ferraris: i suoi disegni proiettati in tempo reale costruiscono un racconto parallelo, che si intreccia alla musica e ne amplifica l’impatto.
Bruschi ha una presenza scenica da consumato attore, qual è. Dal palco, soprattutto da lontano, la sua figura ricorda parecchio Gavin Rossdale dei Bush: più un’impressione generale che un dettaglio, ma funziona.
Il finale è costruito con precisione: prima “September in the Rain”, poi il bis con “Walkout of This Club with Me” e infine “10 Long Years”, che suona ancora con forza intatta anche a distanza di quasi tre lustri.
Che dire d’altro? I Marti restano una presenza fuori dal tempo, forse troppo discreta per i riflettori, ma coerente e solida. Un piccolo mondo che continua a produrre musica viva, personale, lontana dalle pose. Ci sono varie forme di successo nella vita. Anche continuare a esserci lo è.





























