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NITRO «Se ho fatto una canzone che non ti piace non cercarne le ragioni, cambia canzone e basta»

“F.P.S.” è il nuovo estratto da “Suicidol – Post Mortem”, ristampa in versione deluxe del secondo disco di Nitro, “Suicidol”, da pochi giorni certificato disco d’oro dalla Fimi. «Questo brano è un esperimento. L’ho fatto in un momento in cui volevo fare qualcosa di nuovo lasciandomi guidare dal flusso di pensiero. Era partito come pezzo “funny” e poi è diventato anche “conscious”. Il video ha delle immagini forti legate all’attualità. First Person Shooter è il mirino che ti trovi addosso quando, appunto, cerchi di fare qualcosa di nuovo. E devi sparare, uccidere chi hai di fronte per non lasciarti sopraffare, come in un videogame: la legge è “o me o te”, vediamo chi muore prima».

Partiamo da una curiosità. Sei molto attivo sui social e la cosa che più mi colpisce è che, anche davanti a palesi provocazioni, provi comunque a rispondere e a spiegare il tuo punto di vista. 

«Guarda, devo fare mea culpa e ammettere che forse la mia sensibilità a volte prende il sopravvento. Ci tengo molto al mio lavoro, ogni cosa che faccio la faccio con cuore e dedizione. So benissimo che non può piacere tutto a tutti, sennò non avrebbe neanche più senso farlo, mi dà fastidio quando troppo spesso e volentieri questi “Hip-Hopinionisti” cercano di mettere complotti dietro la mia musica, come a giustificare il fatto che ho fatto una canzone che a loro non piace. Se ho fatto una canzone che non ti piace non cercarne le ragioni, cambia canzone e basta».

Hai qualche rammarico?

«Dovrei rispondere molto meno probabilmente, visto che ogni volta si scatena un putiferio dove ognuno dice la sua opinione e su internet uno vale sempre uno. Poi stranamente quando suono dal vivo sono tutti contenti».

Machete è da qualche anno un punto di riferimento per chi fa rap in Italia. La crew com’è riuscita in così poco tempo a diventare una realtà fortissima?

«Penso che dipenda da tanti fattori: il talento, la dedizione massima al proprio lavoro, la voglia di crescere insieme e di confrontarsi, la professionalità e perché no, un pizzico di fortuna».

Vedi del rinnovamento continuo nel rap italiano, oppure siamo in una fase di stagnazione? 

«Vedo del rinnovamento dal punto di vista sonoro, dal punto di vista tematico non molto. D’altronde non è il rap italiano a essere in una fase di stagnazione, ma l’intero Paese. Se il Paese non cambia da venti anni come possono cambiare le canzoni?».

Il rap americano continua a esercitare fascino su di te? E’ fonte di ispirazione?

«Certamente, cerco sempre di ascoltare più o meno tutte le nuove uscite d’Oltreoceano, mi distaccano dalla situazione che vivo qui e mi aiutano a vedere l’Italia un po’ dall’esterno. Si dice che è più facile risolvere i problemi guardandoli da fuori, io cerco di farlo ascoltando e cercando di reinterpretare la musica non italiana che mi piace».

Ultima cosa. Riesci a descrivere quei momenti prima di salire su un palco? Sono sempre uguali? Insomma, li vivi da sempre allo stesso modo oppure è cambiato qualcosa nel tempo?

«Forse è diventato ancora più difficile di prima salire sul palco: la tensione, l’ansia e la paura di sbagliare mi colpiscono prima di qualsiasi show. Ancora oggi tre volte su quattro vomito dal nervoso prima di salire sul palco, sarà che per me è importantissimo lo spettacolo di un artista. Inoltre, porto uno show di più di un’ora, con solo un dj alle spalle, nessun playback e senza doppie. Se sbaglio è quasi sempre e solo colpa mia. Una bella responsabilità».

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