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EMANUELE DABBONO «Il mio prossimo disco sarà scarno, acustico, non compiacente»

Nella vita fai delle scelte e passi magari da coglione, poi però il tempo è sempre galantuomo. Salto indietro: anno 2008, si spengono le telecamere di “X-Factor” e quello di Emanuele Dabbono sembra un nome pronto per i grossi palcoscenici, c’è persino il contratto Sony per pubblicare un ep di cover ad attenderlo. Lui invece rifiuta tutto e sceglie di intraprendere un percorso fatto di tanti palchi e palchetti. Dopo una lunghissima gavetta è arrivato a scrivere con Tiziano Ferro. Tanto per intenderci: “Il conforto”, la canzone che gira nelle ultime settimane ovunque e che pure i sassi conoscono, è roba sua.

Ci ha subito incuriosito l’espressione “autore a contratto” nel tuo curriculum. Di cosa si tratta nel dettaglio?

«Significa che Tiziano Ferro mi ha scelto come autore in esclusiva ed è così diventato l’editore dei miei brani e di quello che scriverò, musica e parole. Per me si tratta di un privilegio sapere che tutto quello che compongo passa e passerà attraverso di lui».

In queste ultime settimane “Il conforto” sta spopolando. Com’è nata la parte lirica e per quella musicale (che ti ha coinvolto al 100%) da cosa ti sei lasciato ispirare?

«Musicalmente ho imparato a distruggere i confini e i paraocchi. Se sento verità ed emozione in uno stile musicale colgo il brivido come appartenenza, non importa se provenga da Tom Waits o dai Depeche Mode. Ma questa canzone è nata dal titolo, ancor prima che dalle parole. Mi sembrava un punto fermo. Una ricerca di contatto, un’ancora di salvezza».

Tu fai parte di quegli artisti che non gradiscono spiegare il significato dietro a un testo o a un verso? Qualora non seguissi la moda – concedici la battuta – ci sveleresti il significato dietro questo passaggio? “Per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio/E occhi bendati, su un cielo girato di spalle”.

«L’ermetismo – ci insegnano persone ben più illustri, penso a Ungaretti o De Gregori – permette di lasciare immaginare, di immedesimarsi a modo proprio e non concede millimetri a chi vuole svelare il fascino. Ti offro comunque la mia versione: a volte bisogna trovare il coraggio di “lasciar scendere qualcuno dal nostro ascensore” per continuare ad andare avanti. Questa cosa può sembrare semplice, ma non lo è affatto. “Il conforto” è una canzone di speranza che racconta anche della dipendenza positiva da qualcuno, quando ti aggrappi a una persona per rialzarti da terra, dopo che del tappeto hai conosciuto la sensazione schiacciante».

Sta venendo fuori una generazione molto forte di giovani autori. Penso a Dario Faini, Federica Abbate, Tommaso Paradiso. Oggi per un giovane artista è più facile vivere di musica facendo l’autore piuttosto che proponendo le proprie cose in prima persona?

«Non è mai facile. In nessuno dei due casi. Non esiste un ascensore per il successo, devi farti le scale. Io ci ho impiegato 17 anni e mi considero un privilegiato comunque nel panorama musicale italiano perché so di essere invidiato, ma ripago tutto con un impegno e un lavoro sodissimi, propri di chi si ricorda che non gli è stato mai regalato niente. Tiziano lo sa, lo dice e anche per questo gli sono grato».

Come si fa a scrivere con Tiziano Ferro (che poi è il tuo datore di lavoro) con la mente sgombra da pensieri del tipo: “…ora se magari gli dico questa cosa, ci resta male, meglio assecondarlo”?

«Non penso mai a cose del genere perché ci conosciamo da vent’anni (da quando nel 1998 fummo scartati entrambi in finale all’Accademia di Sanremo). Piuttosto credo nella lealtà e rispondo alle lusinghe delle major con un “preferisco restare con Tiziano” finché lui lo vorrà».

Sei diventato ricco dopo “Incanto” e “Il conforto”? Non è una domanda a trabocchetto. Ci farebbe piacere scoprire che in Italia c’è ancora chi riesce ad arricchirsi con la musica. Insomma, quanto si guadagna con le hit?

«E’ cambiato il mio tenore di vita, certamente. E mentre ti sto rispondendo mi hanno appena informato che “Il conforto” ha ottenuto la certificazione Disco di Platino. Ma mi piace pensare che umanamente ho mantenuto saldi i miei valori di prima. Sai, credo che diventi davvero ricco quando con te hai qualcosa che non puoi comprare. L’amore, la famiglia, la serenità, per esempio».

Scommetti 10 euro. Fra 5 anni ti troveremo a Sanremo con una tua canzone oppure da autore per un “Big” in gara?

«Mi piacerebbe più la prima, anche se la strada è lunghissima, perché per due volte ho già portato qualcosa di mio con Tiziano super ospite al Festival (“Incanto” e “Il conforto”) e credo che valga tantissimo. Comunque se succederà – sorride – mi ricorderò dei 10 euro a Distopic…».

I tuoi progetti personali, invece, che piega prenderanno nei prossimi mesi?

«Sto per registrare il prossimo album. Si intitolerà “Totem” e al contrario del titolo mastodontico sarà di una semplicità e autenticità disarmanti. Sarà scarno, acustico, non compiacente. La mia versione più fedele in HD di quello che penso di essere come musicista e autore, forse anche persona».

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