Cinema2019

LA CASA DI JACK Lars von Trier

la casa di jack

Mai banale, sempre pronto a favorire una visuale diversa sul mondo. Con “La casa di JackLars von Trier mette sul tavolo gran parte della sua poetica tipica, condensando vecchie e nuove idee attorno a temi centrali del vivere. Il risultato? Un thriller borderline dove vittime e carnefice si muovono sullo stesso piano e dove il moralismo è relegato in un angolino. Per certi versi (e alla lontana) “La casa di Jack” ha molto in comune con “Funny Games” di Haneke, anche se la cifra stilistica è diversa e anche l’approccio filosofico è diverso e pende tutto a favore di Lars von Trier, che ama divagare molto nelle sue trame, al contrario dell’algido collega che preferisce la cronaca alla prosa.

La trama. Jack è un ingegnere psicopatico con tendenze ossessivo-compulsive. Dopo aver ammazzato una donna che gli aveva chiesto soccorso per strada, continua ad uccidere.

Matt Dillon è un Jack perfetto, perché non è né troppo folle né troppo normale. E’ il killer della porta accanto, che lo spettatore può guardare dal buco della serratura facendo il conto di tutte le manie e stranezze. Bruno Ganz (Virgilio) dà molto alla pellicola nell’ultima fase, mentre la presenza di Uma Thurman è giusto un cameo di prestigio. Non conoscevamo Riley Keough, modella e attrice americana con qualche film sulle spalle, e che qui fa un’ottima figura nei panni di una delle vittime.

Lars von Trier firma una regia fatta di riprese con la camera in spalla e il solito montaggio stravagante. Nel finale il film ci offre anche una sua morale seducente e che in una certa misura umanizza Jack.

In conclusione: arte di qualità, da non banalizzare definendola semplice narrazione di violenze senza alcun fine. C’è rigore e logica nella sceneggiatura di von Trier e per elementare conseguenza nell’azione del suo Jack.

Review Overview

SCORE - 7

7

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