TANANAI «L’ansia da prestazione non fa per me. Non mi sono mai sentito un numero uno»
Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai, è il protagonista del recente numero di Vanity Fair. In occasione dell’uscita del suo secondo album “CalmoCobra” e dell’imminente tour nei palazzetti di tutta Italia, Vanity Fair è entrato in esclusiva per una notte nel mondo dell’artista: il risultato è un’intervista, un servizio fotografico e un video inediti in cui, insieme ai suoi veri amici, il giovane cantautore racconta la sua città e lo spirito delle sue ultime canzoni, le storie d’amore delle nuove generazioni e l’insieme di sogni e paure che le accompagnano. Ma soprattutto, emergono il valore dell’amicizia e la voglia di lasciare un segno nella musica italiana: «Per la prima volta nella vita, è su un palco che non mi sono sentito solo».
Sull’amicizia
«Dai 16 anni ho interrotto i rapporti con gli amici di Cologno. Ma ce n’è uno di Carugate, vale lo stesso. È il mio migliore amico da allora: ci ho anche litigato, ci siamo persi per un po’, ma da un annetto abbiamo riallacciato. Sono diventato meno orgoglioso e rancoroso, ho capito che era bello avere ancora al mio fianco una persona che mi conosce e che mi vuole bene. Ma praticamente tutti i miei amici risalgono a prima della “fama”. Se ne sono aggiunti alcuni, che però sanno giusto mezza mia canzone. Con loro ballo la techno».
«Gli amici sono stati fondamentali per ambientarmi in questa nuova vita. Il rapporto con loro non è mai cambiato, nella sostanza: per loro sono sempre stato, e sempre sarò, Alberto. Tananai è quello che faccio. Mi hanno sempre detto le cose come stavano: che ero un grande, ma anche un grande coglione. Uno studio dice che siamo la media delle cinque persone che frequentiamo di più. È vero. Ecco perché mi circondo di persone sensibili e sincere».
«La gentilezza è una delle arti umane più meravigliose, potenti e allo stesso tempo sottovalutate: con un sorriso o una parola, a chiunque per strada, puoi cambiare in meglio la giornata. È un potere che tutti possono scegliere di esercitare».
A proposito delle sue debolezze
«Dopo i tour dell’anno scorso, sull’onda dell’entusiasmo potevamo lanciare nuove date. Ma non me la sentivo: avevo bisogno di fermarmi, di ritrovarmi e riconoscermi».
Sulla volontà di lasciare un segno
«Ho capito che il talento e la vocazione non ti aiutano per sempre; devi metterci anche un sacco di lavoro».
«Non voglio sprecare quest’opportunità che mi è stata data. Vedere la gente ai miei concerti è meraviglioso: per la prima volta nella vita non mi sono sentito solo. Il pubblico ti fa capire che siamo molto più vicini come esseri umani di quanto ti possa far pensare lo specchio in cui ti guardi la mattina».
Su quello che non gli piace della musica italiana
«Certi testi aggressivi, misogini e svalutanti nei confronti delle donne. Non penso che il problema sia tanto della musica, quanto della società: molte persone vedono e vivono le cose in quei termini».
Sul futuro
«Voglio essere un papà. Ho degli obiettivi che voglio raggiungere, e devo lavorare per non perdere di vista la persona che non riesco ancora a vedere, ma che so di voler essere».
«Ho guadagnato un lusso incredibile che pochi 29enni hanno: il poter progettare un futuro. Ci hanno detto a lungo una grande cazzata: che i giovani d’oggi non vogliono fare niente. È che non possono fare niente».
Sulla fidanzata
«Uno dei motivi per cui vale la pena vivere è scoprire che cosa voglia dire famiglia, al di là della definizione del dizionario. So di sentirmi amato e di amarla. Tantissimo».
L’intervista completa è disponibile sul numero di Vanity Fair in edicola dal 23 ottobre e sul sito vanityfair.it
Giornalista: Federico Rocca
Fotografa: Alessandro Treves
Servizio: Nick Cerioni, Valentina di Pinto
Fashion Credits:
Cover Look: bomber di pelle, camicia, pantaloni e cravatta, Gucci