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VERONICA MARCHI «Si fa musica per raccontare storie da conservare come scrigni preziosi»

Archiviata l’esperienza di “X-Factor”, per Veronica Marchi il percorso continua. «Mi piacerebbe uscire con un disco, ho scritto tantissimo in questi sei anni dall’ultimo album “La Guarigione”, per cui è tempo! Vediamo come andrà…».

Inevitabile partire da “X-Factor”. Che esperienza è, quella di un Talent, vissuta da dentro e in prima persona?

«E’ divertente, è il motivo per cui ci sono andata, una situazione paradossale e lontana dalla musica, che ti mette alla prova, che ti mette a dura prova i nervi ogni istante».

Quali obiettivi e quali limiti ti sei posta nel momento in cui hai deciso di confrontarti con un palco come quello di “X-Factor”?

«L’obiettivo principale era portare me stessa al servizio di un pubblico più ampio, la medesima ragione che spinge chiunque a presentarsi ad un Talent io credo. Limiti non me ne sono messi, ne ho trovati semmai alcuni, ovvero le esibizioni brevissime quasi ridotte all’osso, le attese estenuanti. Ho trovato tutto interessante, era necessario passare da lì per capire».

La tua storia artistica è già molto lunga, nonostante tu sia ancora giovane. Che idea ti sei fatta della scena indipendente italiana?

«L’idea che forse hanno tutti, che siamo stipati in un imbuto da cui è difficile uscire. Tanti e notevoli artisti, stretti in una morsa e invisibili. La penso come Manuel Agnelli, serve coraggio e voglia di emergere, senza mai mollare, andando anche controcorrente. Lamentarsi non porta a nulla».

Sono tantissimi gli artisti che, conclusa l’esperienza del Talent, sono tornati nell’anonimato o sono finiti sul palco del Festival di Sanremo. A te quale delle due opzioni spaventa di più?

«Sanremo non mi spaventa, semmai rappresenta un ulteriore traguardo interessante per un cantautore, per un musicista. L’anonimato è dietro l’angolo solo se smetti di lavorare su di te e ti adagi sull’onda della popolarità. Servono canzoni, belle canzoni e io spero di esserne all’altezza».

A nove anni hai scritto la tua prima canzone. Cos’è rimasto di quella bambina, nella Veronica donna di oggi?

«Ogni cosa, ritrovo quella bimba ogni volta che ne scrivo una, di canzone. Fu così naturale comporla che ancora oggi mi chiedo da dove mi sia uscita, è la stessa domanda che mi pongo ogni volta che scrivo. E’ una necessità per me, la scrittura, in ogni sua forma».

Si fa musica perché, Veronica? 

«Si fa musica per comunicare qualcosa di sé e per raccontare storie da conservare come scrigni preziosi».

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