FRANCESCO TRICARICO «Dovremmo imparare dai bambini: ogni loro disegno è un'opera d'arte»
«Siamo tutti poeti, soltanto che crescendo ce ne dimentichiamo». E’ un universo di sogni e fantasia, quello di Tricarico, un universo che però non perde contatto con la realtà. Diciamo che prova semplicemente a spingere l’ingombrante quotidianità un po’ oltre per cercare di fare spazio alle speranze.
Partiamo dalla scuola cantautorale: ha rappresentato un modello nella tua formazione artistica?
«Sono cresciuto ascoltando Lauzi e Fossati. Loro, assieme a tanti altri grandi della musica italiana, hanno contribuito a cambiare il linguaggio aprendo orizzonti nuovi. Hanno creato uno stile colto ma senza punte di snobismo».
Delle tue partecipazioni al Festival di Sanremo che ricordi conservi?
«Ricordi belli e intensi. Sanremo è un evento dal quale non puoi scappare una volta che ci sei dentro. C’è molta tensione positiva e, per chi ama la musica, è bello vedere tantissimi professionisti che danno l’anima per rendere il Festival qualcosa di unico».
Non è una manifestazione anacronistica?
«E’ un rito, il Festival. E come tutti i riti porta con sé passato e nuovi stimoli, nuove idee. Io credo abbia ancora senso oggi. Se ne sentirebbe la mancanza se non ci fosse».
Anche di Dio?
«Argomento delicato».
In un’intervista hai detto che “sarebbe bello essere cercati da Dio”.
«Se qualcuno vuol essere trovato, alla fine bisogna cercarlo. Io sul tema ho tanti pensieri, ma non escludo l’esistenza di Dio, anche perché percepiamo così poco dell’immenso che abbiamo attorno a noi. Di sicuro non ho mai parlato con Dio, tranne che nella mia fantasia».
Come te lo immagini?
«Magari è come noi. O magari noi stessi siamo dei piccoli Dio, del resto siamo capaci di imprese straordinarie e inspiegabili, a volte compiamo dei piccoli miracoli e superiamo crisi incredibili».
A proposito di crisi. Come stai vivendo quella dei giorni nostri?
«La vivo e la subisco come tutti. E’ un momento difficile, sono saltati tanti equilibri, percepisco un senso di smarrimento. Siamo alla ricerca di soluzioni che magari sono più semplici di quelle che immaginiamo. Magari tutto passa dal ritrovare quella umanità persa negli ultimi decenni. Oppure alla fine ci renderemo conto che il modo più facile per superare questa crisi è il ritorno al baratto. Insomma, io come tanti cerco risposte».
Tu sei papà. I figli sono le risposte giuste ai momenti di crisi?
«Sono le risposte, ma anche le domande».
Tu che padre sei?
«Cerco di essere presente. Cerco di aiutarli a sviluppare i loro talenti. Sono un padre rispettoso. Cerco di abituarli al sorriso: non esistono bambini tristi, però quando cresciamo lo diventiamo quasi tutti».
Perché?
«Perché perdiamo la fantasia. Troppo spesso leghiamo il gioco e la creazione di cose all’infanzia, invece dovremmo avere la forza di portarci sempre dietro questo bagaglio fatto di giocosità. Purtroppo le preoccupazioni della vita limitano questo lato della nostra natura, invece dovremmo imparare dai bambini: ogni loro disegno è un’opera d’arte perché il loro modo di tratteggiare il foglio è senza pensieri e senza pregiudizio».