GNUT «A me piace avere un “orticello" e viverci senza compromessi»
Un nuovo EP per fissare il presente, un bel presente, e per provare anche a sbirciare all’interno del futuro. Anche se il futuro di Gnut è già iniziato da qualche settimana: l’artista napoletano, infatti, è al lavoro con Piers Faccini per il nuovo album che vedrà la luce nel 2017. Tra serenità trovata e sassolini da togliersi dalle scarpe, Gnut sembra aver raggiunto un equilibrio e soprattutto pare aver messo radici nella sua Napoli: «Non ho dovuto far pace con Napoli perché non ci sono mai stato in guerra. Napoli è l’unico posto del mondo in cui potrei vivere adesso, mentre qualche anno fa sarei stato bene in qualsiasi parte del mondo e la mia curiosità mi ha spinto a girare parecchio».
Napoli ti sta ispirando per il nuovo album?
«Mi sta ispirando tantissimo grazie alla sua storia e ad un confronto costante con diverse realtà del territorio. Ci sono musicisti eccezionali e tanta voglia di fare musica insieme, ne è un esempio il disco di Daniele Sepe (“Capitan Capitone e i fratelli della costa”) al quale ho partecipato con un’altra ottantina di musicisti di Napoli».
2012. Nella canzone “Il rumore della luce” cantavi di sofferenze, angoscia, senso di impotenza. Quanta distanza c’è, oggi, da quel Claudio e come definiresti questo periodo della tua vita dal punto prettamente personale?
«Dal punto di vista prettamente personale questo periodo della mia vita è sicuramente uno dei più sereni. Amo il lavoro che faccio, il posto in cui vivo, il modo in cui trascorro le ore e i giorni, le persone che frequento e la donna che mi sopporta. Non mancano le difficoltà e lo stress ma nella vita non mancheranno mai, sto provando solo a guardare sull’altro piatto della bilancia».
Stai lavorando con Piers Faccini al nuovo disco. Quella di Piers è una presenza costante nella tua musica. A lui ti legano amicizia e affetto familiare dal momento che ha sposato tua sorella. Che tipo di produttore è? Nel senso: senti che la tua musica ha più bisogno di essere “accudita” rispetto all’essere “indirizzata”? Senti più il bisogno di un produttore “amico” piuttosto che di uno “spietato”?
«Il ruolo del produttore artistico è molto delicato, lo so perché diverse volte mi sono trovato dall’altra parte. La cosa più importante è che ci sia completa fiducia e stima tra le parti e da questo punto di vista Piers è il mio produttore ideale. Lui ha la sensibilità per accudire le mie canzoni come di indirizzarle verso qualcosa che magari non avevo immaginato. Piers è un fratello non un amico e mi piace perché sa essere, quando serve, un produttore spietato che lavora al massimo per raggiungere il livello più “alto” per noi. Siamo come bambini che giocano con la musica e si divertono quando tutto suona bene».
Il nuovo album ha già un profilo definito? Vedi al suo interno delle parole/immagini/frasi/concetti ricorrenti?
«Ho lavorato diversamente sui testi che hanno decisamente un taglio distante dalle vecchie canzoni. Come è stato per gli altri dischi, anche questo racconta un periodo della mia vita, fortunatamente un bel periodo. Questa cosa ha già influenzato molto questo EP, credo che si sentirà anche nel prossimo album che farò con Piers a cui ho dato carta bianca, quindi lo scopriremo con calma».
Che bilancio fai, finora, della tua carriera? Non hai la sensazione di aver ottenuto meno di quanto seminato? Che colpe (eventualmente) ti dai?
«A chi ama seminare non importa la quantità del raccolto ma la qualità dei frutti. A me piace avere un “orticello” e viverci senza compromessi. Se devo trovare delle colpe da attribuirmi per non aver raccolto più pubblico ho una lista lunghissima: avrei potuto arrangiare i miei pezzi in modo da far battere le mani e cantare a squarciagola tutto il pubblico, muovermi di più sul palco, pettinarmi, essere più social, comprarmi i “like” o i “followers” e sponsorizzare tutti i post, potevo accettare l’invito a “The Voice”, scrivere testi più ironici, contrattare con i grossi discografici ed editori, leccare il culo ai giornalisti, non suonare solo cose che mi piacciono, tentare un singolo radiofonico, essere amico dei forti, essere meno me stesso. Sono sicuro però che aver scelto di gestire in questo modo la mia “carriera” sia una delle cose che il pubblico, che mi segue, apprezza di più. Io sono felice di suonare per persone che hanno il mio stesso modo di vedere il mondo».