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WALTER FONTANA «La cosa più importante quando si scrive è rimanere sinceri e veri con se stessi»

Quella di Walter Fontana, qualche anno fa, sembrava una parabola in costante ascesa, complice il successo dei suoi Lost. Poi la band ha deciso di mettere un punto alla propria storia e Fontana ha imboccato la carriera solista. “Sono Qui” è il suo nuovo lavoro. «Ciò che più ha influenzato la realizzazione di questo mio nuovo album è stata la consapevolezza di quello che sono oggi. In questi anni di assenza dal panorama musicale, mi sono messo a nudo per poter crescere come artista e come persona».

Partiamo da lontano: estate 2003. Si formano i Lost. Quel Walter è tanto distante dal Walter di adesso? 

«Credo che l’entusiasmo non sia mai cambiato. Amo tutto di questo lavoro. I momenti belli e i momenti difficili. Certo, prima era un entusiasmo giovanile e ingenuo, dettato dalla voglia di raggiungere qualcosa che non avevo. Ora arrivo da tanta esperienza e sono più consapevole dei miei pregi, dei miei difetti e so chi voglio essere».

Sulla fine dei Lost si sono scritte un sacco di cose. In che rapporti sei rimasto tu con gli altri ragazzi? Era davvero arrivato al capolinea il progetto?

«Nella vita a volte bisogna avere il fegato di cambiare, rischiare, mettersi alla prova e in quel momento sentivamo tutti la necessità di trovare nuove strade. Sono rimasto in ottimi rapporti con tutti, ci sentiamo spesso. Addirittura ho coinvolto Luca (il bassista) in questo progetto e suonerà con me nei live».

Tu che lo hai vissuto, il successo mette paura?

«Quando sei giovane è facile ritrovarsi in un vortice di emozioni e situazioni che rischiano di travolgerti e farti perdere un po’ la strada. Fortunatamente sono sempre stato un gran lavoratore e questo mi ha permesso di rimanere con i piedi a terra».

Il nuovo album sembra un punto di partenza. Che percorso vedi, per te, all’orizzonte?

«Non mi aspetto niente o forse tutto. Credo che la cosa più importante per me sia quella di godermi il momento (mi mancava il palco), rimanere concentrato e far arrivare la mia musica a più persone possibili».

Sanremo è un palco che sogni?

«Sanremo è un palco importante e se ci sarà la possibilità non mi tirerò indietro».

Oggi che sei un uomo, è più difficile raccontarsi in musica rispetto a quando eri molto più giovane e spensierato? Senti una responsabilità diversa?

«Non bisogna cercare di imitare nessuno o pensare a chi arriverà un determinato pezzo. La cosa più importante quando si scrive è rimanere sinceri e veri con se stessi. E se ci riesci il pubblico lo percepisce».

Che significato ha il tatuaggio che hai sul petto: “Disorder”?

«E’ il titolo di una canzone dei Joy Division, una canzone che amo molto e rappresenta parte di quello che sono, ovvero una persona felice ma tormentata. Sono sempre stato una persona abbastanza particolare: amo stare da solo ma ho bisogno degli altri. Ho tante domande in testa e il più delle volte poche risposte».

Nel disco ci sono diverse collaborazioni, compresa quella con Giovanni Caccamo. Il confronto con gli altri in che misura migliora le tue idee?

«A volte capita di essere sicuri al 100% che una canzone sia ottima così come l’hai scritta, ma confrontandosi con gli altri ti accorgi che quel 100% può diventare qualcosa di più. Ti permette di migliorare e scoprire nuovi lati di te che non conoscevi».

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