KINDS OF KINDNESS Yorgos Lanthimos
Che bel film, “Kinds of Kindness“. Yorgos Lanthimos e il fidato Efthymis Filippou hanno scritto una sceneggiatura che sembra un puzzle di idee, invenzioni grottesche, follie. E nel farlo hanno conservato tutta la forza propulsiva degli esordi. Non c’è mestiere in questo film: i dialoghi sono deliziosamente efficaci, la regia di Lanthimos è un gioiello di tecnica che fa venire in mente certe cose di Nicolas Winding Refn, ma è solo un innocente retrogusto, perché il regista greco è ormai a un livello altissimo, fra 20/30/40 anni ci saranno delle retrospettive dedicate alla sua arte come oggi le facciamo per Kubrick, Fellini, e pochi altri grandi del cinema.
La trama. Tre storie sono ambientate in una città senza nome e appaiono slegate tra di loro se non per un misterioso personaggio, R.M.F., che compare in tutte e tre. Gli stessi attori interpretano personaggi differenti in ogni vicenda.
Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley arrivano direttamente dal set di “Povere Creature!” e non è neppure il caso di stare a commentare le loro prove nel dettaglio: i primi due grandiosi, Margaret Qualley brava in qualunque contesto la si metta, e non è una cosa da poco. Un discorso a parte lo vogliamo fare per Jesse Plemons: rispetto ad alcuni attori della sua generazione gode di meno pubblicità, ma ha un’espressività capace di portare lo spettatore dentro ogni suo personaggio.
Il film funziona per tre motivi: le storie hanno ritmo, l’originalità è sparsa a piene mani e si arriva alla fine con una gran voglia di rivederlo, per comprenderne dettagli e significati nascosti. Insomma, grande cinema pop con un taglio indipendente.