NON È UN PAESE PER GIOVANI Giovanni Veronesi
Un brutto film. E ci viene persino il dubbio di essere di manica larga nel giudizio. “Non è un paese per giovani” è una pellicola che tratta un tema importante e d’attualità (la fuga dei giovani dall’Italia) e lo fa con superficialità e infarcendo il tutto di luoghi comuni. Quello di Giovanni Veronesi, sembra più che altro il film di un nostalgico che a 50 anni fatica ancora a fare i conti con i sogni repressi della propria adolescenza e che conserva il mito di Cuba. E intendiamoci, nulla di male a conservare nel cassetto dei ricordi giovanili certi sogni, ma da qui a farci un’opera da cinema ce ne passa.
Se per Giovanni Veronesi i giovani di oggi sono come i protagonisti della sua pellicola, allora significa che di questo fenomeno lacerante non ha capito nulla.
La trama. Sandro (Filippo Scicchitano) e Luciano (Giovanni Anzaldo) fanno i camerieri in un ristorante ma coltivano sogni più grandi: Sandro, figlio di un edicolante pugliese che si improvvisa fruttivendolo abusivo (Sergio Rubini), vorrebbe diventare uno scrittore, mentre Luciano, figlio di un giornalista, vorrebbe vedere i suoi orizzonti allargarsi, anche se non sa bene in quale direzione. Come tanti loro coetanei, Sandro e Luciano sentono che la loro vita in Italia non ha alcuna prospettiva. Si scelgono istintivamente e decidono, presi da un’euforica incoscienza, di cercare un futuro per loro a Cuba, la nuova frontiera della speranza dove tutto può ancora accadere. Il progetto è quello di aprire un ristorante italiano che offra ai clienti il wi-fi – ancora raro sull’isola – grazie alle nuove ma limitate concessioni governative.
Il cast affonda sotto il peso di una sceneggiatura mediocre, ed è un peccato, perché presi uno per uno parliamo di attori validi. Ma Filippo Scicchitano e Giovanni Anzaldo non sono credibili nei rispettivi ruoli, Sergio Rubini è un grande ma è caricaturale nel personaggio dell’edicolante che si arrangia con furbizia, mentre salviamo dal naufragio Sara Serraiocco (nei panni di Nora, una ragazza fuori dalle righe) e Nino Frassica, che in 5 minuti di apparizione in scena si mette nel sacco l’intero cast, dimostrandosi enorme. Il finale del film è di una banalità dirompente. La buona fotografia e i colori di Cuba non giustificano né il prezzo del biglietto, né la presenza in sala. Insomma, pellicole del genere allontanano il pubblico dal cinema italiano…
Ah, dimenticavamo la colonna sonora originale di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Fate voi.