ELVIS Baz Luhrmann
Negli ultimi decenni sono stati tantissimi i film dedicati al mitico Elvis che si sono succeduti sul piccolo e grande schermo, ma questo di Baz Luhrmann resterà nella memoria di tanti per almeno tre motivi: intanto Austin Butler è forse il miglior Elvis mai visto al cinema, sia per espressività, sia per movenze, poi perché la pellicola si adagia in maniera educata attorno alla storia del Re del Rock, senza calcare troppo la mano ed evitando di guardare nel classico buco della serratura, cosa che piace tantissimo al pubblico e ai fan, e che in una certa misura rende sempre il protagonista caricaturale, sbiadendo i contorni e i confini tra ciò che è reale e ciò che è finzione, tra ciò che davvero è stato, e ciò che invece è stato immaginato. L’ultimo motivo per il quale ci sentiamo di promuovere la pellicola di Baz Luhrmann è senza dubbio l’interpretazione di Tom Hanks dell’ambiguo Colonnello Tom Parker. Era da un po’ di anni che non vedevamo Tom Hanks reggere bene la scena in un ruolo, invece in questa occasione il suo apporto è stato notevole per rendere il film migliore.
La trama. 20 gennaio 1997. Il Colonnello Tom Parker, controverso manager del Re del Rock, è sul letto di morte. L’uomo coglie l’occasione per raccontare la sua versione dei fatti, iniziando dal momento in cui a Memphis, in Tennessee, si era imbattuto nel disco edito dalla Sun Records di un giovane artista bianco dalle sonorità afroamericane, che cantava il blues.
Il montaggio è interessantissimo nella prima parte, mentre nella seconda perde un po’ di tono, e stesso discorso lo possiamo fare per la regia di Luhrmann. Butler è un protagonista veramente azzeccato, dal momento che riesce a dare una caratterizzazione del suo personaggio eccellente. In conclusione: una seria ricostruzione storica.