SPLIT M. Night Shyamalan
Il precedente lungometraggio di M. Night Shyamalan, cioè “The Visit”, era veramente brutto, proprio il classico film che esci dalla sala e dici: “…che tristezza, e pensare che il regista in passato ci sapeva fare”. Lo stesso pensiero devono averlo fatto così tante persone, che alla fine a Shyamalan sono fischiate le orecchie. Un fischio così lungo da colpirlo nell’orgoglio.
“Split” è un film interessantissimo, molto solido che restituisci profondità all’immagine un po’ sbiadita in questi anni di Shyamalan. Partiamo dalla storia. Kevin è un uomo con ben 23 diverse personalità, e per questo è in cura da una psichiatra che si interessa molto del suo caso, nonostante sia una delle poche nella comunità scientifica a credere alla possibilità della coesistenza in una sola persona di multiple personalità, addirittura con loro caratteristiche fisiche. Kevin sostiene anche che una di queste personalità, la 24esima, finora mai rivelata, sta per emergere e che porterà alla luce qualcosa di terribile e di nuovo: egli chiama questa personalità “La Bestia”, ma neppure la psichiatra sembra propensa a credere alla sua esistenza. Dopo che una di queste personalità, la più oscura e potente, ha spinto Kevin a rapire tre giovani ragazze e a nasconderle in un luogo segreto, ha inizio una lotta per la sopravvivenza sia fisica sia mentale.
All’inizio il ruolo di Kevin era stato affidato a Joaquin Phoenix, poi però problemi fra l’attore e il regista hanno portato la parte nelle mani di James McAvoy, che occupa la scena magnificamente, riuscendo a caratterizzare al meglio il personaggio e soprattutto le sue molteplici sfaccettature. Il suo è un gioco di specchi e di incastri, e per una volta il doppiaggio non ha penalizzato la prova dell’attore in scena. Bravissima anche Anya Taylor-Joy (che già avevamo visto qualche mese fa in “Morgan”), che ricopre il ruolo di una delle tre ragazze rapite (la più sveglia).
A livello stilistico, “Split” non è un lungometraggio particolarmente virtuoso, ma diciamo che tutto sta al posto giusto e nulla è invadente. Molto belli i primi piani di Shyamalan e anche la location, che trasmette alla perfezione un coinvolgente senso di claustrofobia. Il finale non è banale e negli ultimi fotogrammi compare anche un volto noto di Hollywood.
In conclusione: un thriller originale e fatto bene, con una trama efficace e una narrazione fluida. Fra le cose migliori di Shyamalan. Da vedere e rivedere.