ELLE Paul Verhoeven
Bisogna dirlo: a 60 anni suonati Isabelle Huppert è ancora tanta roba e Paul Verhoeven (classe 1938!) è un regista che sa ancora come portare in scena la seduzione, la violenza, le brutture umane. “Elle” è un thriller/drammatico non sempre lineare, ma ci pensa la Huppert a renderlo un film da vedere assolutamente, perché il lungometraggio del regista olandese gioca con la parte oscura di ognuno di noi: è cinico, dissacrante, paradossale in alcuni passaggi e persino estremo.
La trama. Michèle (Isabelle Huppert) è una donna tutta d’un pezzo a capo di una compagnia di videogiochi, che ha sempre usato il pugno di ferro sia in ambito lavorativo che privato. La sua vita cambia inesorabilmente quando viene aggredita e violentata nella sua casa da uno sconosciuto con il passamontagna. Inizia così un’ossessiva indagine personale per scoprire l’identità del suo aggressore.
Detto che la Huppert è spettacolare (la sua Michèle vi farà tornare in mente “La Pianista” di Haneke), il cast di contorno è di buon livello: Laurent Lafitte è magnetico, Christian Berkel (già apprezzato in “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino) regge la scena alla grande e anche i ruoli secondari hanno una credibilità apprezzabile. Non entriamo nel merito dei personaggi per non svelarvi parti importanti della trama, ma tenete d’occhio i due attori appena citati, perché se la pellicola funziona è grazie anche a loro. La regia di Verhoeven è “old school” (quindi grande importanza alle musiche per puntellare la tensione) ma il film non sa “di vecchio”. C’è da dire che la storia – almeno nella sua parte conclusiva – non si rivela proprio originalissima, però se amate soffermarvi sui risvolti psicologici delle relazioni moderne, beh, siete nel posto giusto.