MANODROME John Trengove
E’ curioso come questo film abbia ricevuto diverse critiche negative incentrate in particolar modo sulla pochezza della trama. Invece “Manodrome” è un film pieno di spunti e di cassetti da esplorare, che si aprono e si chiudono continuamente durante la narrazione. E’ un film vero, che vagamente si ispira a “Taxi Driver”, ma che devia la sua traiettoria verso territori vari e diversi.
Ralphie è un personaggio il cui interno si è spezzato, e che la quotidianità e un figlio in arrivo non contribuiscono in alcun modo a riaggiustare. E’ tutto in frantumi nell’animo di Ralphie, e Jesse Eisenberg dà corpo e sostanza al suo protagonista, confermandosi ancora una volta un attore perfettamente a suo agio con ruoli tormentati.
Il film parla di pulsioni e repressioni, inadeguatezza e stereotipi, corpi di muscoli e animi in frantumi. Per certi versi racconta molto dei giorni nostri, e della polvere che spesso mettiamo sotto il tappeto nella speranza che svanisca o che qualcuno la faccia svanire al posto nostro. Ma il merito dell’opera di John Trengove è ricordarci che alla fine tutti i nodi arrivano al pettine, e ciò che siamo è sempre una somma degli Io che si sono ammassati durante la nostra infanzia. Nel cast anche un ottimo Adrien Brody.
La trama. Ralphie è un autista newyorkese di Uber che sta lottando per sbarcare il lunario con la sua compagna, Sal. Ralphie viene introdotto in un gruppo di sostegno tutto al maschile da un amico, e dopo aver subito un esaurimento, rovina in un vortice di follia distruttiva e violenta.
Finale un po’ sotto le aspettative, ma forse quella camera di decompressione nelle ultime inquadrature arriva a dare un senso alla ferocia precedente. Un film destinato a restare, un piccolo gioiellino che in qualche modo ricorda certe opere di Nicolas Winding Refn.