CRISTIANO GODANO Mi ero perso il cuore
Inatteso. Non sapremmo come definire in altro modo questo “Mi ero perso il cuore“.
Inatteso e spiazzante. Perché non ci aspettavamo che Cristiano Godano riuscisse a mettersi così a nudo dopo una così lunga carriera. Non per incapacità del leader dei Marlene Kuntz – indubbiamente la miglior penna della sua generazione – ma perché la maturità spesso coincide con un inevitabile declino compositivo e con la necessità (per sopravvivenza) di guardare oltre sé alla ricerca di una forma di ispirazione che alimenti la fiamma. E invece Godano è sceso giù giù sino al centro, mettendo in mostra una fragilità che ha sempre lambito le sue canzoni, ma che forse mai prima d’ora era uscita così forte e chiara nella sua arte. Una fragilità quasi… adolescenziale, non banale, ma fanciullesca e pertanto pura, cristallina. Rara per un uomo non più ragazzo.
L’atmosfera del disco è intima, confidenziale, non ci sono accenti rock ma tutto si muove lungo le coordinate della poesia. La scaletta è corposa e al primo ascolto ci è sembrata “asciugabile”, ma quando ci siamo messi alla prova, cercando i 3 o 4 pezzi “di troppo” abbiamo fallito, ci siamo arenati. Tutto sta al posto giusto.