MANUEL ZITO Fernweh
C’avete presente Allevi e quei suoi crescendo tutti uguali? Ecco, dimenticateveli. Manuel Zito maneggia il pianoforte con una sensibilità che colpisce al primo tocco e si distacca ampiamente da quello che va di moda in ambito strumentale negli ultimi anni.
“Fernweh” stuzzica per gli arrangiamenti (vari e coinvolgenti) e per la sua empatia discreta: si prende cura dell’ascoltatore sin dalle prime battute ma non lo guida, semmai lo accompagna lungo la scaletta, un po’ come l’amico discreto che sta un passo indietro e spera di vederti imboccare la strada giusta.
I 10 pezzi in scaletta hanno qualità e sono cinematografici al massimo, nel senso che potrebbero adattarsi benissimo a una pellicola drammatica, ma basta anche chiudere gli occhi per immaginarsi il proprio film e scegliere il finale. Non c’è un singolo, ma tutti sono potenziali singoli. Insomma, un disco di valore, penalizzato soltanto dall’artwork bruttino. Ma l’abito – per fortuna – non fa il monaco.