LIGHTPOLE Daylight
Se invece di 51 minuti, “Daylight” fosse durato 30 o anche 40 minuti sarebbe risultato un disco migliore. E non è una premessa utile a spianare la strada a una recensione negativa, ma è solo un modo – speriamo efficace – per dire che le canzoni funzionano quasi tutte, ma quasi sempre sono appesantite da arrangiamenti che invece di premiare la capacità dei Lightpole di costruire melodie interessanti, annacquano la proposta, rendendo difficoltoso il riascolto.
In scaletta 10 pezzi che ruotano tutti attorno a un continuo ricorrersi tra rock ed elettronica, con l’Inghilterra a rappresentare un punto di riferimento – e non soltanto per l’uso della lingua, ma perché la band pesca a piene mani da un immaginario che Oltremanica ha creato vari modelli musicali.
La prima parte del compact è molto convincente, con episodi come “Fifty-Four Series” e “Shoot Down” che sono dei potenziali singoli; nella seconda parte l’album si guarda troppo allo specchio e la sintesi diventa una bussola impazzita.
Nel complesso “Daylight” mette in evidenza tante buone cose, ma in futuro bisogna lavorare di sottrazione in cabina di regia: meno fumo, più arrosto.