LANA DEL REY Lust For Life
I primi singoli ci avevano lasciato dei dubbi, poi la copertina aveva fatto il resto. Insomma, partivamo prevenuti al massimo verso “Lust For Life“. Anche perché Lana Del Rey lo aveva battezzato alla vigilia con parole terrificanti: “…ho fatto i miei primi 4 dischi per me, ma questo è per i miei fan”.
Dopo averlo ascoltato, siamo felici di poter dire che “Lust For Life”, al netto dei dubbi iniziali, è un lavoro eccellente. In scaletta 16 pezzi di pop sofisticato, con i soliti arrangiamenti a cinque stelle e quel gusto per l’epicità che continua a essere il marchio di fabbrica della Del Rey e del suo nutritissimo team di lavoro. Non tutte le canzoni sono potenti allo stesso modo, ma ogni brano ha un’atmosfera perfetta, carica di personalità, poi può piacere o meno, ma ha un’identità precisa. La prima parte del compact è fulminante: “Love”, la title track con The Weeknd, “13 Beaches”, “White Mustang” e soprattutto “Cherry”, un pezzo favoloso, sono una fideiussione in banca, mettono le cose in chiaro e dicono che non siamo di fronte a un album fatto con mestiere per accontentare qualcuno.
La parte centrale del disco balbetta un po’, ma l’ultimo terzo del compact riprende quota, grazie a brani come “Beautiful People Beautiful Problems”, l’ipnotica “Heroin” e “Change”. Occhio anche alla conclusiva “Get Free”, che rimanda a “Creep” dei Radiohead.
Oltre al già citato The Weeknd, compaiono anche artisti come il rapper di Atlanta Playboi Carti, il rapper, cantante, modello e produttore discografico di New York A$AP Rocky e la cantante americana Stevie Nicks. Nel brano “Tomorrow never came” c’è pure Sean Ono Lennon. Tutte presenze che – a esclusione di The Weeknd – non portano granché.
Cos’altro aggiungere? Lana Del Rey continua a fare grandi dischi, grandi canzone. Non vende fuffa.