Un po’ Massimo Volume in “Bob”, un po’ Vasco Rossi in “Girasoli olandesi”, un po’ De André in “Sale”, un po’ spiazzanti per quel nome – Ubba Bond – che in tempo di “Corona Bond” concessi e negati, suona come l’ennesima proposta da supercazzola della politica. E invece ecco che “Mangiasabbia” (pure questo un titolo spiazzante) arriva a confortare e a rigenerare. Perché questa autoproduzione così anarchica e indefinibile dal punto di vista stilistico risulta aria fresca nel panorama indipendente italiano e contribuisce a battere un colpo dove di colpi ad effetto – ahinoi – se ne vedono sempre meno fra trap, cantautori giovani nati vecchi e pop da macchietta.
“Mangiasabbia” è un album solido che si prende un sacco di rischi e che si misura con l’ascoltatore con la spensieratezza di chi ha qualcosa da dire – piaccia o non piaccia. Il risultato sono queste 12 tracce (troppe, noi avremmo tagliato qualcosa negli arrangiamenti), che prendono per mano l’utente e lo portano a vedere varie sfaccettature della nostra memoria storica musicale, in un perenne frenare e accelerare fra epoche diverse.
“Sale” è il pezzo migliore di un disco che è senza dubbio fra le cose migliori finora uscite in ambito indipendente italiano nel 2020.