PJ HARVEY The Hope Six Demolition Project
PJ Harvey è un’artista che, se non ci fosse stata, avrebbe reso tutti gli amanti della musica più poveri. Grande Polly Jean. Grande in studio, grandissima dal vivo, con la sua musica ha ispirato almeno due o tre generazioni. Insomma, cosa le puoi rimproverare?
“The Hope Six Demolition Project” è il suo nuovo disco, e in effetti di rimproveri se ne sono visti pochi. In rete trovate recensioni pazzesche, lunghissime – abbiamo provato a leggerne un paio e ci siamo drammaticamente annoiati.
Andiamo al sodo. “The Hope Six Demolition Project” è un buon disco? E’ un album sufficiente, prodotto da Dio (sarebbe scandaloso il contrario…) e con una scaletta abbastanza coerente. Non è un lavoro imperdibile, non è un compact da 8, 9, 10 in pagella, e non è neppure fra le cose migliori pubblicate in carriera da PJ. E’ un album che guarda più al passato (del rock) che al presente o al futuro. La voce di Polly Jean è spesso contenuta, ci sono un sacco di cori che onestamente non aggiungono o tolgono nulla ma danno soltanto leggero colore al bianco anemico del panorama circostante.
Molti brani hanno uno sviluppo rapido e una conclusione da “provino”. La prima parte del compact è ordinaria, la seconda offre qualche spunto più interessante, ma se ve lo spacciassimo per un disco magnifico, vi diremmo delle gran cazzate. Il pezzo migliore? “The Ministry of Social Affairs”, ma occhio anche a “The Wheel”.