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VASCO ROSSI Sono Innocente

VASCO_ROSSI_Sono_Innocente

Ci sono diversi modi per approcciarsi alla musica di Vasco Rossi, ma due sono quelli che solitamente raccolgono i maggiori favori: o criticando tutto a priori oppure esaltando tutto a priori. Merito dei grandi è quello di dividere e il rocker più popolare d’Italia è uno che in questo senso da almeno tre decenni riesce a svolgere il compito con puntualità svizzera.

Non abbiamo la cultura enciclopedica per dirvi se – rispetto alla sconfinata discografia del Blasco – “Sono Innocente” (Universal) sia un album migliore o peggiore dell’ultimo, penultimo o dei suoi primissimi lavori. E diffidate di chi si lancia in queste azioni perché al di là di tutto il personaggio in esame è complesso. Proviamo quindi a dividere la critica in tre capitoli.

Le sonorità. Per gli amanti del suono, per chi ha il piacere di mettersi un paio di cuffie e provare a cogliere tutte le varie sfaccettature del missaggio, “Sono Innocente” è davvero una goduria perché i suoni sono puliti, bilanciati alla perfezione, arrivano all’ascoltatore come un blocco unico. Gli arrangiamenti di diverse canzoni convincono poco, ma se cercate costruzioni sonore ricercate e azzardate, siete nel posto sbagliato, fatevene una ragione. Annunciato come un disco molto… heavy, di heavy non c’è granché. C’è invece tantissimo rock con chitarre affilate non troppo spigolose, ma niente chitarroni salvo rare eccezioni.

I testi. Per uno dal conto in banca mostruoso e con un ufficio stampa mordace, Vasco Rossi nelle sue liriche riesce ad avere un buon rapporto con la realtà che lo circonda, non pare vivere in una dimensione parallela e le sue parole arrivano sincere. Di sicuro il meglio di sé lo propone quando all’analisi dei massimi sistemi del mondo, preferisce puntare la luce verso il suo universo. Ecco, in questo Vasco Rossi è ancora bravo per davvero: riesce a tratteggiare le sue inquietudini/debolezze in maniera incisiva. Detto questo, non siamo alle prese con un album con canzoni che passeranno alla storia.

Il pop. Eh sì. L’orecchiabilità è la materia che ha decretato negli anni il successo di Vasco. Quanta orecchiabilità c’è in questo nuovo lavoro? Parecchia. Quasi tutte le canzoni restano in testa al primissimo ascolto ma non ci sono dei ritornelli killer, diciamo che Vasco semina qua e là delle melodie che unite a immagini azzeccate si fissano e rimangono.

In conclusione: l’album sa intrattenere, magari non è colto o sofisticato come certi cultori del rock indipendente vorrebbero, ma è senza dubbio un disco che nonostante duri uno sproposito (rasenta i 60 minuti) non sbanda quasi mai e si lascia ascoltare. Ci sentiamo di dire che non è generosissimo di idee, ma nel contempo non prova a venderti ciò che non ha.

Review Overview

QUALITA' - 61%

61%

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