U2 Songs of innocence
Rassicurante. E’ questa la prima parola che viene in mente dopo l’ascolto del nuovo disco degli U2. Rassicurante perché “Songs of innocence” è un disco classico per una band classica e per un pubblico che ha bisogno di rassicurazioni. Per un pubblico che in tempi di crisi ha bisogno di punti fermi, di fissare il centro e vederlo stare lì, immobile, fedele a se stesso. Insomma, questo è un disco che probabilmente piacerà ai fans degli U2, ma che dirà poco o nulla a chi valuta la band di Dublino al pari di tanti altri gruppi più o meno popolari.
In “Songs of innocence” non c’è un azzardo manco a pagarlo oro. Tecnicamente è un disco quasi impossibile da criticare: le chitarre di The Edge sono sempre scintillanti, le costruzioni melodiche gradevoli (ma non esaltati), basso e batteria fanno il loro dovere e Bono canta senza prendersi rischi. Nonostante la presenza in cabina di regia – fra gli altri – di Danger Mouse e Flood, gli arrangiamenti dicono poco e nulla. Forse dal vivo queste canzoni prenderanno una forma migliore, ma onestamente ascoltate su disco non paiono granché.
Dal mazzo tiriamo fuori “Iris (Hold Me Close)” e i potenziali singoli “Volcano” e “Raised by Wolves”. Le ballate (una volta erano il piatto forte della casa) nella circostanza sono poche e modeste, si salva appena “Sleep Like a Baby Tonight”. Insomma, un disco al di sotto delle legittime aspettative.