LIBERATO Barona, Milano, Italia - 9 giugno 2018
Liberato è puro “hype”. Quindi nessuno è rimasto stupito nel vedere Barona presa d’assalto da 5 mila persone, accorse per godersi dal vivo (gratis) quello che ancora non si sa bene cosa sia. Un neo melodico 2.0? Un produttore? Un hit maker? Mistero sul contenuto e naturalmente sulla forma, visto che chi si aspettava che proprio a Milano si scoprisse l’identità dell’anti divo è rimasto deluso, e la sensazione è che il mistero resterà tale ancora per un bel po’, perché l’anonimato paga, crea interesse e se poi le canzoni sono anche discretamente forti, allora il cerchio è perfetto. Non vale la pena, al momento, toccare alcunché nella macchina promozionale.
A vederlo dal vivo però, come in un moderno “Indovina chi?”, ci è venuto automatico eliminare un po’ di ipotesi. Riteniamo impossibile possa esserci dietro un artista che mastica da diversi anni i palchi. Perché il Liberato visto a Milano (e anche a Napoli in precedenza) ci è parso poco sciolto, a tratti timido e con qualche difficoltà a coinvolgere il pubblico. Tutti segnali evidenti che il palco è al momento un mezzo che fatica a dominare e dirigere, a maggior ragione quando deve fare due cose assieme, cioè cantare e suonare. Seguendo questa logica, ecco che cadono come un domino tutte le tesserine coi nomi di Samuel, Calcutta e persino Stash dei The Kolors – quest’ultima fra le opzioni più fantasiose circolate dopo il live di Milano. A livello vocale Granatino è forse quello che più gli somiglia, ma è stato lui stesso a tirarsi fuori in maniera convincente con una cover molto divertente di “Nove Maggio”.
Vedendolo dal vivo, con quella capacità di flirtare con la house, ci è venuto automatico associarlo al percorso dei Planet Funk, progetto napoletano di respiro internazionale. Abbiamo chiesto al chitarrista Domenico “GG” Canu di darci una direzione. Intanto chiedendogli se gli piace Liberato? «Sì, certo, essendo napoletano capisco il senso del suo progetto. Sembra più che altro un upgrade della tradizione, un neo melodico 2.0». Potrebbe trattarsi di un progetto a tavolino? «E anche se lo fosse? Dove starebbe il problema? Non lo so chi possa esserci sinceramente dietro, ma spero abbia successo».
Quindi via anche i Planet Funk. Buco nell’acqua. E ci sentiamo di mettere una riga anche su Shablo, fra i possibili produttori, visto che il registro stilistico è molto diverso. Normale, quindi, restare nel dubbio, e restare contemporaneamente sui fatti: c’è troppa carne al fuoco perché si tratti del progetto di un singolo, e c’è un lavoro di marketing così poderoso da immaginare un team esperto di professionisti alle spalle.