Ancor prima di parlare del nuovo disco, ci viene una riflessione: chi può criticare Erio? Chi può permettersi il lusso di criticare un artista (italiano) con un potenziale così grande? Insomma, davanti al talento, quello cristallino, si alzano le mani in segno di resa e si parte comunque bendisposti. Sempre. Ecco perché – e qui chiudiamo la riflessione – secondo noi è impossibile criticare Erio, si può al massimo ragionare sul presente e su quello che può ancora sviluppare per arrivare al largo pubblico, perché l’ambito indipendente alla lunga risulterà stretto.
“Inesse” è un disco molto bello dal punto di vista tecnico: è registrato benissimo e la scaletta non ha grosse incertezze. Naturalmente tutto ruota alla voce di Erio, che è un miscuglio di fascinazioni che planano tutte verso Björk. Ogni singola nota è tesa a mettere in primo piano le qualità vocali dell’artista, senza però indugiare nell’autocelebrazione o nel virtuosismo. Due o tre brani sono notevoli (“Limerence”, ad esempio), il resto della scaletta è di discreta qualità. Forse – se vogliamo trovare dei nei – questo è un album un po’ patinato, colpisce l’ascoltatore ma non lo affonda (mutuando l’immaginario della battaglia navale).
Il R’n’B di Erio gioca a nascondino con la sperimentazione. Nulla è scontato e c’è sempre qualcosa di sorprendente dietro l’angolo. Il Nostro non accetta mai, fino in fondo, la sfida con la forma-canzone in senso classico, come se ancora non avesse deciso verso quali lidi dirigere la propria arte, e soprattutto se spingersi lungo i bordi di un pop moderno e accessibile. Insomma, crediamo che alla lunga, questo verrà ricordato come un disco di passaggio e non come l’album della maturità di Erio. C’è ancora della strada da fare, ma il livello è già alto per essere un “secondo lavoro”.