LISTREA Placide Ninfe
Nati la scorsa estate a Brescia, per i Listrea il percorso è ancora tutto in salita. Non ci vogliamo dilungare troppo nel recensire il loro “Placide Ninfe” perché finiremmo per essere soltanto duri senza essere costruttivi, preferiamo quindi proporre dei consigli per migliorare una proposta che allo stato attuale è molto lacunosa sotto tutti i punti di vista – forse influenzata troppo dagli ascolti giovanili e dalla voglia di strafare.
Partiamo dai testi, non sono banali, ma spesso c’è troppa roba, troppa pomposità, come se si volesse legittimare una proprietà di linguaggio che invece dovrebbe cedere il passo alla semplicità, a un’efficacia in grado di tratteggiare immagini chiare, precise. Dal punto di vista musicale, sugli arrangiamenti bisogna lavorare parecchio per provare a personalizzare meglio canzoni che suonano un po’ tutte uguali, cioè un mix di rock alternativo che a tratti guarda all’Italia (vagamente ricordano i primissimi Verdena) e un po’ guarda all’America. Anche il cantato di Fabio Pietroboni necessità di un lavoro attento, perché attualmente è monocorde, incapace cioè di trasmettere le diverse emozioni che i brani (nelle intenzioni) vorrebbero proporre all’ascoltatore.
Insomma, è necessario voltare pagina e cambiare direzione.