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J MOON Melt

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J Moon è Jessica Einaudi, un cognome che pesa almeno una mezza tonnellata, perché se ti getti in politica avrai sempre quello che ti dirà “…sì, però in famiglia avete avuto un Presidente della Repubblica, facile così”, se ti butti nello scrivere avrai sempre quello che ti dirà “…sì, però in famiglia avete avuto un editore, facile così” e se ti butti nella musica – come Jessica ha fatto – scappare dai paragoni con il padre, il celebre Ludovico Einaudi, non sarà mai roba semplice. Insomma, accerchiata dal passato e dal presente e da uno spirito irrequieto per natura, Jessica da qualche tempo ha messo in naftalina il bel progetto dei La Blanche Alchimie con Federico Albanese (che però ritroviamo in questo lavoro nelle vesti di produttore) e da Berlino dove si è trasferita ha imboccato una strada nuova, non troppo distante dai suoi precedenti lavori, perché se è vero che “Melt” (Bosworth Edition) è un disco molto intimo, quasi da camera da letto e luci basse, è facile ritrovare in esso lo stile elegante che aveva contraddistinto l’esperienza coi La Blanche Alchimie. Insomma, siamo su due piani diversi ma non troppo distanti fra loro.

Jessica sotto il profilo vocale conferma qui le già buone impressioni del passato e tutto l’album – più che sulle costruzioni sonore – ruota attorno agli umori della sua voce. Il lavoro di Albanese in cabina di regia è stato discreto e mai invadente: le sonorità che vestono i brani in scaletta tendono a posarsi in maniera leggera senza reclamare grosso spazio. Nelle precedenti esperienze la Einaudi aveva dimostrato di saper flirtare con l’orecchiabilità senza sbandare in curva, in questo caso le aperture al pop sono state stranamente limitate.

Il compact nel suo complesso ci piace molto ma, nonostante il background accumulato in questi anni da Jessica, non crediamo sia il cosiddetto disco della maturità per l’artista milanese, ma un album di transizione. Fra le cose che vogliamo portare all’attenzione dell’ascoltatore, c’è “Among The Walls” con le sue chitarre che rimandano vagamente a “Le vent nous portera” dei Noir Désir (anche se in quell’episodio le chitarre furono suonate da Manu Chao). Le canzoni migliori? A nostro avviso l’ipnotica “Poison” e “Climb Trees”.

Review Overview

QUALITA' - 67%

67%

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