BRYAN FERRY Avonmore
Non è mai un bene attaccarsi al passato per contrastare i cupi tempi attuali. Però il nuovo disco di Bryan Ferry (il quattordicesimo, un bel risultato per un ex maestro ceramista…) è davvero accattivante.
“Avonmore” (Bmg/Self) ha tutto per conquistare. Sarebbe facile esaltare la voce dell’ex fondatore dei Roxy Music, ma è il pacchetto completo che entusiasma: canzoni arrangiate bene, suoni limpidi, linee melodiche seducenti, chitarre espressive, una produzione che non fa perno sul passato, ma cerca nell’oggi le basi per rilanciare il mito. Insomma, un progetto intelligente.
A voler essere cattivi, il punto debole del disco è anche il suo punto di forza. Nel senso che tutto sta al posto giusto, i rischi sono calcolati e le incursioni in territori sconosciuti sono ridotte al minimo. E’ vero, in “Driving Me Wild” (uno dei brani più convincenti del disco assieme all’iniziale “Loop De Li” e alla title track) c’è anche dell’elettronica, ma Bryan Ferry non azzarda granché in “Avonmore”, e qui lasciamo al gusto personale le opportune valutazioni, noi ci permettiamo di sottolineare che non è roba da tutti sfornare a 69 anni suonati un disco così pieno di stile e belle melodie. Se poi è “mestiere”, tanto di cappello.
L’album scorre via abbastanza facile e non ha momenti di noiosa flessione. In coda “Johnny & Mary” è un remaster della sua collaborazione con il dj norvegese Todd Terje.
Un bel ritorno, non c’è che dire.