MIRKOEILCANE «Non sono uno di quelli che "mitizza" gli altri, ma se incontrassi Paul McCartney...»
Mirkoeilcane si è aggiudicato di recente la Targa Tenco con la canzone “Stiamo tutti bene” (etichetta Fenix Entertainment). L’ennesimo premio a evidenziare un 2018 finora splendido per l’artista capitolino.
Il tuo 2018 è stato finora incredibile. Pensi che il tuo approccio alla scrittura da qui in avanti cambierà? Oppure l’aver ampliato parecchio la tua platea di ascoltatori non influisce/influirà sul tuo modo di raccontare e raccontarti?
«E’ stato un grande 2018, ma non è ancora finito. Non credo cambierà il mio approccio alla scrittura, per me è sempre una cosa alquanto incosciente. Non c’è metodo o abitudine, e il fatto di aver raggiunto un numero maggiore di persone mi fa solo sentire una maggiore responsabilità rispetto a quello che dico e ai temi che tratto. Più persone significano che il mio messaggio arriva molto più lontano di prima e sono felice di poter dire la mia»
Il tema dei migranti ti sta a cuore e l’hai dimostrato con la tua musica. Che opinione ti sei fatto di quello che sta succedendo ora nel Mediterraneo e credi che un cantautore debba impegnarsi politicamente?
«Mi sta a cuore in quanto tema di attualità. Credo che un cantautore debba occuparsi di questo, di attualità, di emozioni e di umanità. La politica è un mondo a parte che vedo quasi opposto al fare musica. Scrivere canzoni, nella mia testa, è relativo a qualcosa che ha a che fare con l’arte. Fare politica, oggi, equivale al picco più alto del narcisismo ed egocentrismo. Poco a che vedere con i problemi che ci sarebbero da risolvere in un Paese come il nostro».
A Sanremo hai vinto il Premio Mia Martini e di recente il Premio Tenco. Parliamo di due esistenze tragiche. Che rapporto hai con la morte e in che modo, nella tua quotidianità, celebri la vita?
«Sono una persona positiva. Non mi piace pensare alla morte piuttosto preferisco preoccuparmi di vivere al massimo delle possibilità la vita. Nelle canzoni mi è capitato di parlare di morte ma solo come pretesto e quasi sempre in maniera ironica. Mia Martini e Luigi Tenco sono due giganti, due Artisti, due di quelli che sono riusciti a vivere per sempre e a “sopravvivere alla morte” per tornare al centro della domanda. Questo è un ambiente che, troppo spesso, non concede spazio alle debolezze e ci si ritrova soli contro tutti».
E’ bello essere famosi?
«E’ bello essere famosi? Risponderò quando e se lo sarò – sorride. Nel frattempo più che cercare di diventare “più famoso” sto lavorando per diventare “più bravo”. Prima della mia faccia mi piace preoccuparmi delle mie canzoni, loro sì, spero diventino molto famose!».
Ricordi il tuo primo autografo?
«Ho una memoria pessima e non ricordo il mio primo autografo ma ricordo di non aver preso troppo sul serio la faccenda».
Tu hai mai chiesto un selfie o un autografo a qualcuno?
«Non ho mai chiesto un autografo perché non sono uno di quelli che “mitizza” gli altri, se mi piace qualche artista mi piace scambiarci una chiacchierata e imparare qualcosa da lui. Fatta eccezione per Paul McCartney, dovessi incontrarlo – sorride – scoppierei in lacrime tipo adolescente».
Che rapporto hai con Roma, la tua città?
«Un posto magico… da turista. Viverci è complicato».
La Capitale da anni esprime una importantissima scena rap. Perché sei finito a fare il cantautore e non il rapper?
«Rap? L’ultimo rap di cui ho memoria fa fede a certi Tupac Shakur o Snoop Dogg o Eminem. Qui si fa la Trap e, con tutto il bene del mondo, preferirei non esprimermi. Piuttosto siamo in tanti a scrivere canzoni da queste parti e quando dico “canzoni” intendo quelle che si suonano con gli strumenti e quando parlo di “strumenti” parlo di chitarre o bassi o batterie o tastiere e a tutto quel tempo che ci vuole per studiarli sia tecnicamente che teoricamente. Sono finito a fare il cantautore perché negli ultimi 32 anni ho ascoltato e visto concerti di cantautori, ho consumato (e comprato) dischi di qualsiasi genere, ho letto libri, ho studiato musica e mi sembrava un giusto connubio tra le cose».