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GHEMON «Milano? E’ un posto che ti sa dare il suo spazio se tu hai determinazione per far succedere le cose»

Riprenderà da Carroponte – il prossimo 3 giugno – il tour estivo di Ghemon, che nel frattempo sta lavorando in studio al nuovo disco. La data lombarda ci ha suggerito lo spunto per parlare con Ghemon di Milano, di quella Milano che lui conosce e che ha imparato ad apprezzare, ma non soltanto. Nell’intervista anche qualche anticipazione legata al nuovo lavoro.

La prima cosa che vorrei chiederti è ovviamente relativa a Milano. E’ ancora un punto di riferimento per chi fa musica oppure oggi è la rete il luogo dove “accadono le cose”?

«E’ una città viva e pulsante e l’ho vista migliorare da tutti i punti di vista in questi ultimi cinque anni in cui ci ho vissuto. E’ un posto che ancora ha voglia di accogliere e che ti sa dare il suo spazio se tu hai determinazione per far succedere le cose. Quindi sì, Milano è ancora quel posto».

Milano ha una “scena”? Tu fai parte di essa? Oppure i discorsi sulle “scene” sono cazzate da giornalista per semplificare concetti più complessi?

«Diciamo che quello di “scena” è un termine per esprimere un insieme. Di “scene” ce ne sono diverse. C’è quella hip hop in cui sono cresciuto, c’è quella indie, c’è quella punk, c’è quella del clubbing. Francamente frequento e conosco persone di tutte le altre. In questo senso, per me, il concetto di “scena” come unico ambiente in cui muoversi è morto qualche anno fa».

Oltre a Milano, c’è un luogo che ti fa sentire più a casa di altri?

«Decisamente New York. Non saprei come ci riesce ma ci vado sempre più spesso ed ogni volta trovo maggiori connessioni tra me e lei. Poi ovviamente Avellino, per questioni affettive».

C’è qualcosa che non ti piace di Milano?

«Al momento, non mi viene in mente niente…».

Hai già per le mani un nuovo lavoro? Ci sono scadenze? 

«Sì, sono in studio in questo momento. Per fortuna la mia scelta di restare discograficamente indipendente non mi costringe a nessuna scadenza. Quelle, però, me le metto da solo, sono molto meticoloso sul lavoro e so perfettamente cosa voglio e dove voglio arrivare. Diciamo che non m’impongo e non mi faccio imporre più nessun “come”. Sui pezzi nuovi posso solo dire che li sto componendo anche musicalmente, suonando in prima persona insieme alla mia band (Le Forze Del Bene) e che la produzione del disco sarà di Tommaso Colliva, già produttore di “Orchidee”».

Il live è una dimensione che ti esalta, che ti piace parecchio. Il lavoro in studio, invece, cos’è per te? Una parentesi noiosa? Un momento necessario?

«Ha preso enorme quota nella mia carriera da quando ho finalmente deciso di suonare interamente con una band. Da allora è stato un viaggio di continue sfide e stimoli, anche grazie a un gruppo di musicisti super ma soprattutto di ragazzi aperti mentalmente, desiderosi di creare una storia, un racconto, un filone. Io ho sempre voluto aprire delle nuove strade, per me e per la musica di questo Paese. Nel mio gruppo di lavoro ho trovato la possibilità di credere insieme nella stessa visione. E poi ci divertiamo un casino, sia alle prove, che quando improvvisiamo e sia sul palco. Il live è diventata la possibilità di creare altra arte oltre a quella contenuta nel disco, divertendosi».

Quando stacchi dalla musica, come riempi il tuo tempo libero? Libri? Serie tv? Internet? Netflix?

«Sono un grande appassionato di sport, in primis di basket e calcio ma, in generale, qualsiasi disciplina mi può interessare. Da questo è derivata la mia passione per le sneakers e l’abbigliamento in generale. Quando posso, guardo, leggo, m’informo su quel genere di mondo e di cultura. Amo i particolari e anche dietro a quella che sembra una semplice “fissazione” per le scarpe, c’è passione, conoscenza, linee guida, creatività e gusto. Le serie tv, anche, sono un mio vecchio pallino e con Netflix, direi che le mie serate sono quasi monopolizzate – ride. Il loro arrivo è stato rivoluzionario, soprattutto da quando hanno iniziato la produzione “in house”. Il cinema e le serie sono di stimolo enorme per quello che faccio, mi danno input di tanti tipi. E poi, in verità, ho sempre voluto fare anche l’attore. In fondo è una maniera per esprimere se stessi e mi piacerebbe esplorarla in più chiavi possibili».

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