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NINO BUONOCORE «Il tempo corre e ci presenta sempre situazioni nuove»

Nino Buonocore, grande artista che ha scritto pagine importanti della musica leggera italiana dagli Anni 80 in poi, ha di recente rivisitato il suo repertorio in chiave jazz attraverso un album registrato il 27 febbraio 2020 a Roma presso l’Auditorium Parco della Musica, primo “disco live” in 40 anni di carriera.

Scorrendo la scaletta del disco, sono tanti i pezzi che possono essere considerati dei “classici”. Tuttavia non hai anche tu la sensazione di essere sempre stato un po’ sottovalutato da una certa critica?

«La critica spesso rinuncia ad avere un atteggiamento in contrasto col comune sentire. In una società dove il consumismo determina anche le scelte editoriali di un giornale bisogna adeguarsi per non correre il rischio di diventare una voce fuori dal coro. Qualcuno gode ancora di una certa libertà, altri hanno scelto di omologarsi al pensiero unico. In una realtà sempre più pluralistica, grazie alla rete, credo che il problema della sottovalutazione da parte di una “certa” critica non mi tange ormai più di tanto».

Il disco è stato registrato proprio a cavallo tra il “prima” e il “dopo” la Pandemia. Questa casualità quali riflessioni ti suggeriscono?

«Che il tempo corre e ci presenta sempre situazioni nuove alle quali dobbiamo saper reagire per non restare fermi. La pandemia ha frenato sicuramente il mondo intero nei sogni ma non certo negli entusiasmi che abbiamo nel realizzarli. Credo che la musica, malgrado tutto, malgrado le restrizioni, l’impossibilità di esibirsi, abbia continuato (senza l’aiuto del governo) a fare il suo. Sarebbe stata davvero dura rinunciarvi del tutto. La vita senza musica, senza l’arte in generale, è molto povera e triste».

Il tuo rapporto con Sanremo è stato di odio/amore: la gara ti ha spesso penalizzato, ma dal lato opposto quasi tutte le tue canzoni sono diventate col tempo degli “evergreen”.

«Sanremo non mi ha sicuramente restituito quanto io vi abbia investito. Seppure in termini di promozione mi ha dato molto. Non mi sono mai piaciute le gare. Non credo nel format che nasce come festival della canzone italiana e diventa nel tempo un mero fenomeno di costume. Vero è che la musica negli anni 70 è stato un volano incredibile di cultura e risveglio delle coscienze, ma vivaddio c’era una libertà artistica davvero costruttiva e stimolante. Se pensiamo ai Dalla, ai Modugno, ai Tenco si capisce benissimo di cosa parlo. Oggi Sanremo è ridotto ad una passerella di artisti poco distinguibili per uno show che per il 75% è costituito dalla voglia di stupire con linguaggi e temi (ed anche ahimè finte trasgressioni) che cercano di nascondere la pochezza dei contenuti estetici e letterari. Tra vent’anni quante di queste canzoni ricorderemo?».

Tra le nuove leve della canzone italiana, c’è un Nino Buonocore?

«Non credo che possa avere appeal commerciale la mia coerenza artistica, per cui non vedo un nuovo Nino Buonocore tra gli emergenti. Spero però che venga fuori qualcuno che sappia coniugare poesia ed efficacia emotiva della musica. Resisterà sicuramente nel tempo a dispetto di chi si contenta oggi di avere, parafrasando Warhol, appena un quarto d’ora di celebrità».

Di “Scrivimi” sono state realizzate anche varie cover. Tu che rapporto hai con questo brano che è storia della musica italiana? 

«”Scrivimi” è una canzone che è riuscita ad accomunare i sentimenti svariati di tante persone. Una canzone che puoi cantare dopo il primo ascolto pur non essendo semplice. Non ho perso l’emozione nel cantarla perché continua a generare uno scambio emotivo tra me e il pubblico. E quando è così rimane sempre un piacere cantarla. La musica è comunicazione, non dobbiamo mai dimenticarlo».

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