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JUNIOR SPREA «Sarebbe sciocco provare a fare il giamaicano in Italia»

Nel segno di Bob Marley. Ma senza fanatismo. Senza dogmi da sposare e poi rivendere. Ha le idee chiare sulla Giamaica e sui suoi derivati musicali, Junior Sprea, da Milano, artista giovane del reggae. «Marley è stato un grande, e tuttora è un mito, ma la sua musica non potrebbe mai essere adattata alla realtà italiana».

Perché?

«Perché nel mondo la società è cambiata in questi ultimi lustri, e perché sarebbe sciocco provare a fare il giamaicano in Italia, provare a parlare di tematiche a noi distanti».

Quindi?

«Quindi evviva il reggae, ma fatto coi piedi ben piantati sulla realtà italiana, senza scimmiottare nessuno, cercando di trovare uno stile personale capace di colpire la gente».

Fai reggae e non hai le treccine. Non ti senti fuori posto?

«La voglia di farmele mi è passata da un bel po’. Bisogna uscire dai soliti luoghi comuni: per fare reggae non servono le treccine, servono le idee, serve la voglia di trasmettere buone vibrazioni a chi ti ascolta. Io credo molto nella forza propulsiva del reggae».

Bob Marley è un punto di riferimento, invece in Italia per chi nutri simpatie?

«99 Posse e Sud Sound System su tutti, perché hanno gettato semi fondamentali nel corso degli anni».

Arrivi da Milano, la città delle feste e del divertimento…

«E’ un falso mito: magari anni fa era così, ma oggi se esci in settimana a Milano non c’è ‘sto granché. Nei week end è facile trovare diverse opportunità, ma toglietevi dalla testa certi miti. Alla fine Milano è un grande paesone con la nomea di metropoli: la passi da una parte all’altra in trenta minuti».

Ti piace?

«Ci sto bene, ma a volte sento il bisogno di staccare da Milano: non riesco ad adattarmi alla frenesia della vita milanese, e quindi mi piace trovare delle occasioni di fuga».

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