DANIELE CELONA Amantide Atlantide
Daniele Celona, torinese con origini sarde e siciliane, appartiene alla categoria dei cantautori che utilizzano le canzoni come una sorta di personale terapia, con l’esigenza di sezionare determinate dinamiche collettive, di comprendere e denunciare derive e storture della realtà in cui viviamo.
Due cose prima di iniziare. La prima: abbiamo scoperto soltanto nel 2016 questo disco uscito quasi un annetto fa (febbraio 2015) e ci sentiamo un po’ in colpa per arrivare bellamente in ritardo rispetto al gruppone, ma questo può aiutare a capire quanto sia difficile stare al passo con le uscite della scena indipendente. La seconda: ma che voce ha Daniele Celona? Nel senso: canta come se fosse l’anima pura trascinata ingiustamente verso il patibolo, ci mette una carica che è anche cifra stilistica. Intendiamoci, non urla per il piacere di aggredire l’ascoltatore, ma si sente che vuole comunicare qualcosa che gli arriva da dentro. Insomma, è davvero bravo nel suo definire gli stati d’animo che lo attraversano.
Ora veniamo alla recensione di “Amantide Atlantide“. In scaletta 11 brani che zoomano dentro e fuori l’universo di Celona, alcuni sbirciano nel buco della serratura, altri guardano con spirito critico alla precarietà dei giorni nostri. L’album ha un solo difetto evidente: alcuni pezzi se la prendono un po’ troppo comoda e arrivano al “dunque” dopo qualche passaggio di troppo, ma nel complesso la personalità c’è e il cantautorato proposto non è riproposizione di modelli modaioli. Il brano migliore? Beh, “Atlantide” con la voce di Levante è la perfetta indie-pop-song, un gioiellino.