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DARIO BUCCINO Il cantautore che sussurra alle lamiere

«Quando creo una composizione scelgo gli elementi che ne faranno parte in base alla loro capacità di illuminarsi a vicenda. Gli elementi possono avere qualunque provenienza: un sussulto, un accordo, un foglio d’acciaio. Tra i materiali in gioco, nel caso di questo disco, c’è la forma canzone. Il risultato è, per me, una delle tante facce della sperimentazione, ma alla fine si lascia pur sempre cantare». Parola di Dario Buccino, cantautore distante dai luoghi comuni e amante della sperimentazione.

 

La prima cosa che ti chiedo è legata alla lamiera o alle lamiere. Che rapporto hai con esse e in che modo riescono ad esprimere la tua creatività?

«Ho inventato la Lamiera HN™ nel 1998 per incarnare i principi del Sistema HN®, il sistema musicale che ho creato nei primi anni Novanta, basato sulla parametrizzazione dei processi performativi. La Lamiera HN – un foglio d’acciaio elaborato tramite semplici ma decisivi accorgimenti costruttivi – e la tecnica esecutiva che ho concepito, coinvolgono l’intero corpo del performer nella creazione sonora, permettendone l’espressione integrale».

Suonare una lamiera ti permette anche di avere il privilegio di vederti riflesso in tempo reale. E’ un po’ come suonare davanti a uno specchio. Ti ha mai messo paura questa cosa?

«A volte mi rende timido. È sempre meglio non vedere se stessi nel momento in cui ci si dona agli altri: improvvisamente ci si scopre nudi e ci si chiede: ho davvero il diritto di offrirmi? Una domanda che tende a congelare. Ma è anche confortante guardarsi un attimo negli occhi prima di bruciare».

Anche la tua voce è spesso usata come strumento: ti piace la tua voce?

«La amo e la temo, come accade a molti esseri umani, non necessariamente musicisti. Nei momenti migliori sento che qualcosa canta attraverso di me. È come se il mio bisogno di vivere fosse talmente struggente da non poter essere solo “mio”, ed è proprio ciò che cerco di far risuonare nella voce».

Lavori anche coi bambini di scuole materne ed elementari: come spieghi a loro la musica che fai?

«Lavorando coi bambini si finisce sempre con lo scoprire che quella che chiamiamo “ricerca artistica” è la distillazione e l’approfondimento di ciò che i bambini fanno ogni giorno: assaporare la vita per la prima volta. Per cui normalmente basta raccontare a loro i propri obiettivi espressivi, e tutto scorre come se ci si conoscesse da sempre».

Non ho un rapporto particolarmente robusto con i generi in quanto tali. È l’intensità di una composizione o di una performance a bucarmi l’anima e prendere alloggio al suo interno, non la sua famiglia di appartenenza

Il nuovo disco – “La costrizione della nudità” – sembra un insieme di provini: com’è nato?

«La sfida di questo disco è stata quella di fondere organicamente la forma canzone con il Sistema HN, nato per la creazione di forme musicali estreme e sperimentali. Ho scelto di produrre il disco con Taketo Gohara, sciamano in grado di condurre l’artista a se stesso. Mi ha detto: “Suona dapprima tutte le tue parti strumentali e vocali, secondo i criteri del tuo sistema musicale. Guiderai gli altri musicisti attraverso il tuo Suono“. Ho inciso quindi le parti di chitarra, la voce solista, i cori, il pianoforte, il banjo, il basso, il violino e, soprattutto, un allagamento di Lamiere HN! Poi abbiamo coinvolto Stefano Nanni, il quartetto EdoDea, Alessandro “Asso” Stefana, Sebastiano De Gennaro, Mauro “Otto” Ottolini e il coro di voci bianche “Mitici Angioletti” diretto da Mariafrancesca Polli, che hanno spalancato e intensificato i giochi di forza in azione, completando l’affresco di un canto d’insieme, mixato grazie all’abilità alchemica di Alessio Camagni. Sembrano provini, vero? La scrittura delle canzoni ha una struttura rigorosissima: forma, melodia, armonia, arrangiamento chitarristico. Questa struttura, però, è concepita come un ordigno di forze performative, non solo compositive, la cui intensità deve esplodere qui e ora (HN sta per Hic et Nunc)».

Pop, Jazz, Rock, Classica. Qual è il tuo rapporto coi generi?

«Non ho un rapporto particolarmente robusto con i generi in quanto tali. È l’intensità di una composizione o di una performance a bucarmi l’anima e prendere alloggio al suo interno, non la sua famiglia di appartenenza».

Per rendere più semplice capire la tua musica, se fossi in un negozio di dischi, vicino a quali artisti vorresti fosse messo “La costrizione della nudità”?

«Credo che essere collocato accanto agli scaffali dedicati agli improvvisatori radicali – come John Tilbury, Han Bennink, Otomo Yoshihide – mi darebbe la speranza di essere acquistato da orecchie, cuori e menti vicine allo spirito che ha animato questo lavoro: lo spirito della “composizione performativa”, essenza del Sistema HN».

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