EPO Enea
Partiamo col giocare a carte scoperte: siamo grandi fan degli Epo sin dagli esordi. Anzi, siamo grandi fan di Ciro Tuzzi, la mente attorno alla quale sono sempre ruotati gli Epo. Poetica di alto livello, quella di Tuzzi, che in quasi 20 anni di carriera è stato capace di esprimere un cantautorato troppo spesso sottovalutato – per colpa degli eventi, ma anche per colpe proprie, perché il Nostro non è mai stato un Drago a “vendersi bene”, e in questa epoca dove oltre alla musica devi essere anche capace a proporre “un prodotto”, alla fine il conto è risultato essere meno generoso rispetto a ciò che legittimamente era lecito attendersi. Peccato.
“Enea” è il quinto disco della band partenopea, e ospita nomi illustri come Roy Paci ai fiati e Rodrigo D’Erasmo (Afterhours) agli archi. La produzione è ordinaria e senza guizzi per un disco che guarda all’Europa usando il cantato in napoletano.
In scaletta 11 brani per 46 minuti di musica. La partenza del disco è incoraggiante, con pezzi come “Addò staje tu” (una autentica meraviglia), “‘A primma vota” e “Nun ce guardammo arete” che lasciano il segno. Poi la proposta perde tono e si fa anonima (soprattutto a livello melodico) prima di riprendere il volo con l’ottima “Auciello” e con la conclusiva “Appriesso ‘e stelle”.
“Enea” non è un album facile e forse Tuzzi in alcuni passaggi si è un po’ incartato alla ricerca di un’intimità talvolta autoreferenziale. I tempi del rock maestoso de “La strategia del mare” (hit “evergreen” del gruppo) sono qui lontanissimi, però a questo quinto capitolo della saga va riconosciuto il merito di suonare sincero nonostante i suoi evidenti limiti. Insomma, luci e ombre.