CantautoreIntervisteStraniero

ERMAL META «Ho voglia di continuare a fare musica, ma intanto inizio a scrivere un libro»

Si è piazzato al terzo posto a Sanremo 2016, nella categoria “Giovani”, ma quello di Ermal Meta è un percorso lungo, che si è sviluppato coi La Fame di Camilla e che negli ultimi anni ha visto l’artista di origini albanesi vestire i panni dell’autore per un sacco di volti noti della scena pop italiana. “Umano” (pubblicato da Mescal) è il suo primo lavoro solista.

“Umano” è un disco che ha momenti di leggerezza (“Volevo dirti”) e momenti più intimi (“Lettera a mio padre”). Mi aiuti a capire in che ambiente sei cresciuto e in quale ambiente stai vivendo in questo momento? 

«Sono cresciuto in un ambiente familiare di donne. Ho appreso un tipo di sensibilità diversa, a più strati forse. La musica ha sempre pervaso questo ambiente a causa di mia madre che è una violinista. Gli stimoli sono stati moltissimi, alcuni concreti e alcuni immaginari, alcuni belli e altri meno, ma ognuno di loro ha lasciato un segno. Di amici ne ho sempre avuti pochi, ma buoni. Persone iper critiche nei confronti del mio lavoro e molto esigenti in genere. Mai spalle, ma occhi, orecchie e voce».

Nell’album ricorrono spesso riferimenti a personaggi femminili. Che idea ti sei fatto delle donne?

«I riferimenti sono femminili in quanto madre è la terra, e femminile è la parola “idea”. Delle donne posso avere che una sola concezione, scomponibile in altre mille. Miracolo».

Rispetto all’esperienza coi La Fame di Camilla si sente un miglioramento sotto tutti i punti di vista: suono, testi, cantato. E’ semplicemente la maturazione oppure la libertà di muoversi senza un gruppo alle spalle? 

«Grazie, ma non lo definirei miglioramento, piuttosto cambiamento. Anche se alla fine ognuno ha i propri gusti musicali dai quali non può prescindere. Il gruppo non era alle spalle, ma accanto. Non è mai stato un peso, tanto quanto un’ala non è un peso per un aereo. Sul suono di questo disco invece ho lavorato abbastanza anche se sono ancora all’inizio per quello che ho in mente».

Vorrei chiederti anche una tua riflessione sullo scioglimento della band. Inevitabile? Hai sensi di colpa?

«Lo scioglimento era inevitabile in quel momento, era necessario. Qualche senso di colpa l’ho avuto, ma credo che fosse solo la mancanza della condivisione».

Mi dici una cosa curiosa che hai visto nelle quinte di Sanremo e che da casa non abbiamo invece colto?

«Non avete visto il mazzo che si fanno i tecnici per far sì che tutto funzioni al meglio. Un organico enorme molto organizzato che si muove in sincronia perfetta. A volte ci sono intoppi, ovviamente, ma succede a tutti in diretta. E poi non avete visto qualcuno (più di uno) passarmi accanto e farmi il segno della vittoria con annesso occhiolino: cosa che ho trovato inutile e anche un po’ cattiva, visto che il vincitore era un altro. Non che io mi aspettassi di vincere…».

Hai chiaro il tuo percorso futuro? Mi spiego: credi che il tuo domani artistico sia quello di autore/cantante, oppure credi che alla lunga un ruolo prevarrà sull’altro? Che poi è anche un modo per chiederti se scrivere per altri e/o metterci invece la faccia è appagante allo stesso modo.

«Per me la scrittura è una. Non c’è differenza fra le canzoni per altri o per me. Mi preoccupo solo di riuscire a scrivere belle canzoni, cosa che a volte mi riesce e a volte no. Quello che succede dopo aver scritto è solo prendere decisioni. Credo che farò musica finché ne avrò le forze e la voglia. Intanto inizio a scrivere un libro, qualcosa che non ha a che fare con la musica. Ho una storia in mente da 24 anni e vorrei scriverla, se non altro per liberarmene».

Pulsante per tornare all'inizio