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NERONE «Il rap? E' il modo per far uscire il me stesso che nella vita di tutti i giorni non uscirebbe»

Nerone arriva da Milano. Professione rapper e una bella affermazione nella terza edizione del programma tv “MTV Spit”. Dopo alcune pubblicazioni underground da solista o con la sua crew, e dopo numerosi successi come freestyler, è arrivato da poco “100 K“, un ep di sei tracce frutto del lavoro dell’artista e del suo staff. Scopriamo nelle parole di Nerone la Milano del rap e soprattutto il nuovo lavoro.

Ascoltando le liriche del nuovo ep c’è molta rabbia. Cos’è che l’alimenta oggi? Le stesse frustrazioni di ieri?

«Innanzitutto non le definirei frustrazioni, quanto voglia di farsi sentire e cercare di arrivare a più orecchie possibili nella speranza di lanciare un messaggio non banale in cui tutti possano riconoscersi. Non definirei nemmeno rabbia quella che avete interpretato. Diciamo che quando galleggi da quasi dieci anni nel limbo degli sconosciuti, non vedi l’ora di emergere. E’ più foga che rabbia, ecco».

Questo ambiente ti logora a lungo andare. Specie se sei una new entry, i miti cadono più di quanto immagini

La tua capacità di creare rime è indiscutibile, ma fare freestyle sembra quasi una magia per chi è solo un ascoltatore. Dal tuo punto di vista, però, che cos’è e quanto conta l’allenamento?

«L’allentamento è dettato semplicemente dalla passione nel fare questa roba. La magia è la passione che si trasforma nel tuo lavoro. E non è ancora detto, purtroppo. Detto questo, il freestyle rimarrà sempre una passione, ma non mi misurerò più con nessuno alle gare, ci vuole troppo allenamento, e sono purtroppo arrivato ad un punto che troppo allenamento uccide la passione».

Vincere “MTV Spit” ti ha dato più autostima oppure è solo un programma, show business e nulla più?

«L’autostima ha ricevuto senz’altro una spinta positiva, ma credo che i dischi parlino per un artista completo. Ed è quello che voglio provare a dimostrare. Al mondo e a me stesso».

Milano, oggi, assomiglia a un’università del rap ma con un numero eccessivo di iscritti ai corsi. E’ davvero così importante esserci e soprattutto è una città che continua ad ispirare come 10/15 anni fa?

«E’ importante esserci, ma come studente modello. E ambire a diventare professore. C’è bisogno di cultura che non sia snaturata dall’attenzione e dal rispetto forzato per i nostri predecessori. Paragonando sempre il rap alla scuola, c’è bisogno del professore giovane e preparato, che raccolga feedback positivi dagli studenti e li invogli a fare questa roba con la giusta cognizione».

Quello attuale sembra il tuo momento. Ma non fa tempo a passare un’ondata di rapper che ne arriva subita un’altra. Come si crea un percorso duraturo, Massimiliano?

«Lo chiedi a un ragazzo ancora in formazione, senza la maturità e la certezza di perdurare nel tempo.  Non sono abbastanza arrogante da fingere di conoscere questo segreto. La verità in tasca non ce l’ha nessuno, io posso solo sperare che la mia roba piaccia gradualmente sempre di più».

Cos’è il rap per te? Un confronto con te stesso o l’ambizione di dimostrare agli altri di essere il migliore?

«E’ il modo per far uscire il me stesso che nella vita di tutti i giorni non uscirebbe, è cercare di capire se queste sensazioni che racconto e vivo, le vivo solo io o anche qualcun altro. E’ essere popolare, senza perdere di stile. E’ essere di stile senza perdere popolarità».

L’Italia è uno dei Paese dove il rap tira tantissimo ma i dissing stanno ai minimi termini. Siete tutti così amici nell’ambiente? Non esiste invidia fra di voi?

«Io li odio tutti. Ma principalmente per il loro modo di porsi. Non “dissi” nessuno perché si sentirebbero tutti tirati in causa, a volte me compreso. Questo ambiente ti logora a lungo andare. Specie se sei una new entry, i miti cadono più di quanto immagini».

Milano+Rap=Grandi Feste. Esistono davvero questi mega party con tutte quelle belle ragazze che di solito si vedono in certi video? Oppure è solo mitologia per gli allocchi da Assago in giù?

«Le ragazze sono bellissime, è vero. Fuori però. Dentro vai a saperlo. Certi contesti creano deficit di orgoglio da parte delle donne presenti nei backstage. Cosa ci fai li? Che interesse hai a stare per ore in un backstage con dei cantanti? E dopo che ci hai fatto la foto cos’hai risolto? I like dei social riempiono le autostime. E questo non va per niente bene».

Negli ultimi mesi c’è stato un consiglio (magari dato da un collega) che hai scelto di tenere ben a mente?

«Sì, un paio di Maestri mi hanno suggerito diverse cose, tra tutti ho preferito mantenere “l’essere me stesso”».

Dopo l’ep il passo successivo sarà un album? Ti sei dato delle scadenze in questo senso?

«Al momento ci stiamo godendo il percorso dell’ep. I beat li sto raccogliendo, ma scadenze ancora non ne ho. Staremo a vedere».

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